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La speranza, possibile motore di cambiamento nella crisi ambientale


Cari amici lettoricon questo numero prende il via una miniserie di quattro zoom dedicati al tema ecologico, in questo Tempo del creato, che va dal 1° settembre al 4 ottobre, festa di san Francesco: una sorta di viaggio attraverso i quattro elementi (terra, aria , acqua, fuoco) per fotografare lo stato di salute del nostro pianeta ma anche per intravvedere, in mezzo a un panorama poco incoraggiante, piccoli segni di speranza.

La prima reazione, quasi istintiva di fronte alle notizie allarmanti sulla terra “malata”, è che si tratti di una questione al di sopra delle nostre possibilità e forze: tendiamo così a rimuovere il problema, oa demandare ad altri e ad altre generazioni. A questo atteggiamento si somma anche la convinzione di tanti che non sia poi di un tema così “importante” per i credenti. Tolgono fondamento all'uno e all'altro atteggiamento le parole del Messaggio del Papa per la Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, pubblicato lo scorso 27 giugno, che è un commento a un brano di san Paolo, Romani 8, il canto della speranza in mezzo alle “doglie del parto” in cui si trova la creazione al presente.

Proprio la speranza, insieme all'azione, sono le due parole-chiave del Messaggio: «Spera e agisci con il creato». In sostanza, ci dice papa Francesco, il cristiano è sostenuto dalla speranza, che è una «lettura alternativa della storia e delle vicende umane: non illusoria, ma realista, del realismo della fede che vede l'invisibile». Si sofferma poi a lungo a riflettere sulla dimensione “cosmica” della salvezza in Cristo.

Il presente dei cristiani è caratterizzato dal dono dello Spirito, che «tiene vigile la comunità credente e… la chiama a conversione negli stili di vita, per resistere al degrado umano dell'ambiente e manifestare quella critica sociale che è anzitutto testimonianza della possibilità di cambiare».

Fin qui tutto bene, si dirà: però in pratica? È davvero possibile sperare? Cambiare e invertire il rottame? La speranza cristiana, che Francesco illustra nel Messaggio, ci fa sommessamente dire di sì. E non in astratto: ci sono alternative possibili. Due rapidi esempi: un'industria prosperosa (e molto inquinante, oltre che causa di ingiustizie sociali) è oggi la fast fashion, la produzione, su grande scala, di capi alla moda “usa-e-getta” ea basso costo. Destino ineluttabile? Non siamo obbligati, possiamo fare scelte d'acquisto oculate e più rispettose dell'ambiente, comprare meno e “meglio”, senza essere succubi del continuo “cambiare abito”. Così come le aziende possono fare scelte diverse, come raccontato qualche giorno fa dal Corriere della sera a proposito di 18 aziende italiane di moda che hanno scelto la sostenibilità e investono su materiali vegetali e sul riciclo. Sta a noi, non ad altri. Altro esempio: l'aratura profonda danneggia il terreno? Esistono altri metodi, ci spiega l'esperto Vincenzo Tabaglio nello Zoom: si può scegliere un tipo di agricoltura conservativa e rigeneratrice. Anche qui nessun “fato ineluttabile”.

Prendere coscienza della situazione della terra non deve portare alla “resa” o alla disperazione ma ad attivare la speranza. «Sperare e agire con il creato significa allora vivere una fede incarnata, che sa entrare nella carne sofferente e speranzosa della gente». Fede che passa per la conversione dall'essere «”predatore” a “coltivatore” del giardino», come persone libere e responsabili.





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