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Orosei, un Eden disegnato dalle mani di Dio


Il santuario della madonna del Rimedio.

di Roberto Di Diodato e Mary Poliafico

Se la Costa Smeralda è il mare più bello dei mari del mondo, il Golfo di Orosei è il mare più bello di tutta la galassia. Inimmaginabili le colorazioni che assumono le sue acque. Sbalorditive le sabbie delle spiagge. Vertiginose le pareti di roccia che sprofondano nel mare. Miracoloso l'equilibrio tra lo sfruttamento del suolo e la conservazione dell'ambiente naturale. Il golfo va dalle dune bianche di Capo Comino fino a Capo di Monte Santu, da cui si scopre Arbatax nei giorni buoni. Più di cento chilometri di litorale dove si snodano spiagge lunghissime e si annidano cale e calette raggiungibili solo con le barche. Nel territorio di Baunei: Cala Luna e Cala Goloritzé, la prima e l'ultima; in mezzo Cala Mariolu, la più ammirata. Nel territorio di Dorgali la grotta litoranea più famosa e visitata dell'intero Golfo: quella del Bue Marino.

L'intero tratto di questa costa orientale della Sardegna prende il nome da Orosei, meno di tre chilometri dal mare, città i cui frutteti di uve, fichi, albicocche, angurie e pesche si insaporiscono dell'acqua marina. E i terreni allevano amorosamente pomodori rossosangue. Il monte Tuttavista è una sentinella che dall'alto vigila sulla quiete delle case e dei cortili, delle chiese e delle piazze del centro abitato, alla cui ombra si celano antiche tradizioni religiose, memorie storiche e artistiche di sottile bellezza.

Sono stati 29 i luoghi di culto, individuati dalle ricerche dello storico Michele Carta nel volume Orosei Sacrapresenti sul territorio oroseino dal Medioevo al Settecento. Almeno quindici quelli che hanno scavalcato i secoli e “ancora oggi costituisce – afferma lo studioso – uno dei principali patrimoni identitari del paese”. Ogni tempio e ogni santo ha la sua festa. Apre un immaginario corteo sant'Antonio abate, che appicca il fuoco del grande falò la sera del 16 gennaio. Piccola e fascinosa la sua chiesetta, pietre di basalto a vista e pareti interne affrescate con i colori e la spiritualità dei secoli XIV-XV. Tre Confraternite di antica costituzione laica – ognuna con la propria veste o bianca o rossa o nera – sono dedicate alla cura di tre “oratori” del centro storico, quello di Santa Croce, del Rosario e delle Anime; la loro presenza ravviva le ricorrenze più sentite e partecipa dalla comunità, soprattutto i “misteri” della Settimana Santa. L'ultima domenica di maggio, la Madonna conduce una spettacolare e colorata processione di barche infiorate oltre il fiume Cedrino per raggiungere la sua chiesa di Santa Maria del Mare. Il 25 luglio, San Giacomo, su un carro trainato da una coppia di buoi, riprende possesso ogni anno di Orosei come suo “padrone e patrono”, percorrendo le strade accompagnato dalla sua gente in costumi tradizionali. Nove i giorni solennizzati da celebrazioni religiose. Altrettanto durano i festeggiamenti popolari con gare di canti, di balli in piazza, di chitarra e di poesia in lingua sarda. San Giacomo è chiesa Madre, al cui interno hanno trovato “materno” ricovero molte statue e dipinti “salvati” dagli edifici sacri andati distrutti o abbandonati. Maestosa la facciata settecentesca di un biancore accecante. Moderni i due portali di bronzo realizzati da prestigiosi artisti come Alfonso Silba e Carmelo Lizzio. Diciotto sono invece le giornate che la Madonna del Rimedio dedica in settembre, a cominciare dal primo venerdì del mese, per accogliere giorno e notte nel santuario “campestre” i suoi concittadini ei fedeli provenienti dai paesi vicini. Sono ospitati nelle casette chiamate cumbessie, disposte tutte intorno alla chiesetta come una corona del rosario. Una lunghissima “festa di famiglia” che sembra non finire mai, “fra il sacro e il profano”, come scriveva Grazia Deledda, tra allegrie di vini, di dolci e di preghiere. Morbidi i tramonti di fine estate. E le notti sono crivellate dai grilli.

Preservato il nucleo storico della cittadina con le stradine di acciottolato, i sottopassi ad arco, le architetture rurali e il grazioso quartiere dei palato vetzospalazzi vecchi, oggi diventati spazi per esposizioni artistiche e manifestazioni culturali; alcuni di essi, invece, sono stati trasformati in eleganti strutture ricettive. Nel cuore dell'abitato, allestito in una residenza secentesca, è collocato anche il delizioso Museo dei Teatrini in Miniatura, intitolato a don Giovanni Guiso.

La città è cresciuta mano a mano che venivano scoperte le disponibilità e gli incanti del suo mare, oro vero di Orosei. Lungo la fascia costiera dei litorali cittadini solo arenili di granulose sabbie dorate a perdita d'occhio. Uno dopo l'altro i lidi di Marina, Su Barone, Su Petrosu e Osala sono affiancati da ampi canali che contribuiscono a tenere vivi alcuni stagni lagunari, habitat ideali per la fauna locale e per molte specie migratorie. Qui le pinete sembrano pennellate di verde tracciate per separare il cobalto del cielo dall'azzurro del mare e per creare dolci ombreggiamenti. Le loro chiome sono il palcoscenico per stormi di cicale che si esibiscono in concerti forsennati che stordiscono le immobili giornate estive. Il territorio marino di Orosei si estende per più di venti chilometri verso nord lungo la statale 125, punteggiati da una collana di spiagge dai fantastici nomi di Fuile 'e Mare, Sas Linnas Siccas, Cala Liberotto, Porto Corallo, Cala Ginepro, Sa Mattanosa, Sa Curcurica, fino a raggiungere l'oasi naturale di Biderosa, una cattedrale di beatitudine. Per riposare dalle fatiche di sei giorni della creazione, Dio scese qui e di segnò con i suoi acquerelli cinque bianchissime spiaggette di acque trasparenti, coronate da una foresta verde di ginepri, sughereti, lecci e pini d'Aleppo, incorniciate da rilievi di granito rosato e rallegrate da un laghetto blu che accoglie in primavera fenicotteri di passaggio. E Dio vide che era tutto molto buono e bello.

Il gruppo musicale dei Tenores.

Il gruppo musicale dei Tenores.



L'altura di Monte Urcatu è un punto panoramico della riserva da cui si scopre una visione spettacolare della costa. La parte interna dell'area protetta, attraversata da sentieri e tracciati sterrati percorribili a piedi o in bicicletta, emana una suggestione insolita di ambiente montano con i silenzi ei profumi mediterranei. Fuori dalla stagione estiva – spiega Gavino Meloni, guardia forestale di lungo corso – il bosco di Biderosa regala al turista “alternativo” funghi e asparagi; e aggiunge poi che l'incantevole parco ha una storia poco conosciuta, a cominciare da quando una famiglia di pastori vi portava il proprio gregge al pascolo. Rimangono tracce evidenti di questa passata occupazione: un ovile abbandonato, due pozzi e delle grotte. Un pastore aveva piantumato dei gigli, che ancora oggi continua a crescere come in un giardino spontaneo.

Un legame intenso e profondo lega Orosei e la sua gente all'antica arte del canto tradizionale sardo, vissuto anch'esso come un'eredità culturale identitaria, capace di dare ampio respiro ai momenti più sacri, dolorosi e gioiosi, che la comunità vive. Le voci dei “gruppi” cantano in due forme: “a concordu” e “a tenore”: universi musicali con sonorità differenti ma ambedue di affascinante potenza. Il primo nasce in ambito ecclesiale per solennizzare le feste, i riti funebri e le celebrazioni liturgiche; tali canti sono detti Gozzi. Il secondo, a tema profano, è un canto ancestrale la cui origine si perde nella notte dei tempi e si pensa possa derivare dalle interpretazioni canore delle popolazioni tibetane e della Mongolia. Ascoltarli è un'esperienza uditiva i cui brividi rimangono per sempre nell'anima. A Orosei il canto non ha mai conosciuto interruzioni. Veniva e viene trasmesso dalle generazioni anziane a quelle più giovani come un lascito prezioso da custodire e perpetuare. Attualmente i gruppi costituiti e attivi sono almeno cinque, particolarmente vivaci, spesso rivali e in competizione tra loro. Alcuni di essi hanno avuto importanti collaborazioni musicali in Italia e all'estero. In particolare la compagine “Concordu e Tenore de Orosei”, ricorda Piero Pala, un componente di questo gruppo, ha contribuito alla realizzazione delle colonne sonore di alcuni film del regista tedesco Werner Herzog.

Talvolta nei pomeriggi estivi, nel silenzio dei cortili o delle chiese aperte, risuonano le voci dei tenori che provano e riprovano i loro brani. Di tanto in tanto invece sono le vibrazioni di una Launedda oi suoni di un pipiolu a diffondere melodie arcane che accompagnano il tramonto.





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