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Francesco in Asia e Oceania: un pellegrinaggio di fede e fraternità



Quando atterrerà a Giacarta proverà a dare impulso a quel motto del Paese, Bhinneka tunggal ika (letteralmente «molti, ma uno», o anche «uniti nelle diversità») che i movimenti settari e separatisti stanno cercando di distruzione. Non è un viaggio semplice quello che porterà papà Francesco ancora una volta in Asia e poi in Oceania. Visitando, per prima, l'Indonesia, la nazione con il più alto numero di musulmani al mondo. E poi Papua Nuova Guinea, Timor Est, Singapore. Nel pellegrinaggio apostolico più lungo del suo pontificato, Bergoglio trascorrerà 44 ore in aereo percorrendo, solo per gli spostamenti in volo, 32.814 chilometri e utilizzando sei compagnie aeree.

Quasi un giro del mondo in 12 giorni quello programmato dal 2 al 13 settembre, rimandato, nel 2020, a causa del Covid e al quale il Papa argentino avrebbe voluto aggiungere anche il Vietnam, se la distensione in corso nei rapporti bilaterali fosse giunta a un punto tale da poter toccare anche quei lidi. A 88 anni ancora da compiere il Pontefice non si risparmia e porta con sé, come passaporto, quelle parole che ha fatto scolpire nei motti e nei loghi pensati per il viaggio: fede, preghiera, compassione, fraternità, armonia, speranza.

Lo attendono in molti, anche tra i non cristiani, nei quattro Paesi. Il primo, blindato per la sicurezza dopo che a luglio due attentati a due diverse chiese cristiane sono stati sventati dalle forze governative, lo vide muoversi tra il palazzo presidenziale, la cattedrale della capitale, la moschea di Istiqlal, lo stadio di Gelora Bung Karno, dove celebrerà la Messa, la sede della Conferenza episcopale dove incontrerà i malati assistiti dalla Chiesa cattolica. «Il nostro auspicio e la nostra speranza sono che l'arrivo di Francesco ispiri la nazione a garantire e mantenere prosperità e pace», ha dichiarato alla stampa locale il vescovo di Bogor e segretario generale della Conferenza episcopale dell'Indonesia, monsignor Paskalis Bruno Syukur .

«In tante occasioni», ha aggiunto, «papa Francesco ha voluto dare priorità alla fratellanza, guardando alla dignità dell'essere umano, senza considerare etnia, cultura o religione». Il dialogo interreligioso, la convivenza tra diverse culture, la moderazione che il Paese ha sempre dimostrato pur essendo cresciute negli anni le frange più estremiste, hanno spinto Bergoglio a sottolineare più volte la grande capacità di tolleranza di questa nazione che, con i suoi 275 milioni di abitanti, è tra le più popolose del pianeta dopo India e Cina. Un ruolo di stabilità lo giocano proprio i cristiani che, sebbene rappresentino il sette per cento come protestanti e il 3 per cento in quanto cattolici, hanno avviato con l'islam tante esperienze di cooperazione sociale e di confronto spirituale ed esistenziale nei diversi territori dell' arcipelago, che conta oltre 1.700 isole.

I giovani, in particolare, sono molto coinvolti nei progetti. E, in vista dell'arrivo del Papa, hanno lavorato, in collaborazione con il ministero dell'Istruzione, della Cultura, della Ricerca e della Tecnologia della Repubblica di Indonesia e con il sostegno del Movimento Globale 5P – Pace, Prosperità, Persone, Pianeta e Partnership –, per far partire la prima sede nel Sudest asiatico di Scholas Occurrentes, l'innovativo programma educativo che Francesco aveva lanciato in Argentina quando era arcivescovo di Buenos Aires e che sta promuovendo in tutto il mondo dall'inizio del pontificato. A loro Francesco dedicherà il pomeriggio del 4 settembre per ascoltarli e celebrare insieme quello che il Papa ha definito il «poliedro educativo che rappresenterà l'unità nella diversità».

I giovani saranno al centro anche della visita in Papua Nuova Guinea. Bergoglio, per la prima volta in Oceania, li incontrerà il 9 allo stadio Sir John Guise, lo stesso dove, il giorno prima, celebrerà l'Eucaristia. Nel Paese, di cui visiterà la capitale, Port Moresby, e la città di Vanimo, il Pontefice troverà – sono parole di padre Mario Abzalón Alvarado, superiore generale dei Missionari del Sacro Cuore – i “pionieri” dell'evangelizzazione tra le tribù Roro e Mekeo, una «Chiesa variegata, multicolore, multilingue, multietnica». Una sorpresa in quella che viene definita come la «terra dell'inaspettato» e dove i cristiani rappresentano il 69 per cento della popolazione (36 per cento cattolici) e il rimanente si divide in uno 0,8 per cento di musulmani e in un poco più del 30 per cento che pratica culti tradizionali combinandoli con simbologie cristiane.

Dalla Papua Nuova Guinea Francesco tornerà di nuovo in Asia, a Timor Est, unico Paese in tutta l'Asia, insieme con le Filippine, a maggioranza cattolica. «Che la vostra fede sia la vostra cultura», verrà a dire il Papa a Dili. Poco meno di due giorni, dal pomeriggio del 9 alla mattina dell'11, per incontrare i bambini con disabilità della scuola Irmãs Alma, i giovani, i gesuiti, oltre i vescovi, i catechisti, i sacerdoti ei religiosi e per celebrare una Messa che si preannuncia affollatissima. Molti abitanti indonesiani, infatti, stanno cercando di raggiungere Dili, più a portata di mano – e di tasca – della costossima Giacarta. Il vescovo di Kupang, monsignor Hironimus Pakaenoni, in collaborazione con il Governo indonesiano, sta cercando di agevolare il rilascio di documenti per l'espatrio, mentre, dall'altra parte, l'organizzazione è affidata al salesiano cardinale Virgilio do Carmo Silva, che ha preparato il grande momento di preghiera del 30 agosto in attesa del Santo Padre.

Dal cuore cattolico e spirituale a quello economico e finanziario. Francesco, infatti, prima di fare ritorno a Roma, l'11 settembre visiterà Singapore, il Paese con la più alta concentrazione di milionari in rapporto alla popolazione. In una nazione a maggioranza buddista, ma con tensioni più o meno latenti tra malesi e cinesi, il Pontefice si rivolgerà a tutti suggerendo che il suo viaggio, con il motto “unità e speranza”, vuole accendere un faro su quanti rischiano di essere discriminati e messi ai margini.





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