Istruzione

Nient’altro che un corso di aggiornamento sulla stampante 3D? Lettera – Orizzonte Scuola Notizie


Inviata da Simone Billeci – Settembre, mese dei nuovi inizi, delle scuole che riaprono e dei docenti che, come diligenti scolari, si preparano al primo collegio docenti. Siamo lì, seduti tra colleghi, mentre il dirigente scolastico ci espone il calendario degli impegni, una sorta di rito di passaggio che inaugura ogni anno scolastico. Eccoci, dunque, dal 2 al 14 settembre, pronti a intraprendere il solito pellegrinaggio tra riunioni, incontri e, naturalmente, il tanto temuto corso di aggiornamento.

Quest'anno, però, l'aggiornamento ha qualcosa di diverso, un retrogusto tecnologico e, oserei dire, futuristico. Non si parla di nuove metodologie didattiche, di strategie per la gestione della classe o di inclusione. No, questa volta ci troviamo di fronte a una sfida ben più ardita: un corso dedicato alla stampante 3D. Sì, avete capito bene, quella meraviglia tecnologicamente capace di trasformare idee in oggetti tridimensionali, e che, almeno in teoria, dovrebbe prepararci a una nuova era educativa.

Ma è qui che il mio pensiero fa un balzo in avanti, o meglio, un balzo nel futuro. Mentre il dirigente continua a illustrare le meraviglie di questa tecnologia, la mia mente vola verso un altro tipo di futuro, quello descritto da Paolo Crepet nel suo libro “Mordere il cielo”. E mi chiedo: sarà che Crepet ha visto qualcosa che io non riesco a vedere? Che questo non sia un semplice corso di aggiornamento, ma una finestra su un mondo che sta per arrivare, un mondo in cui la cucina, la tradizione e il gusto saranno sostituiti da polveri arancioni e stampanti alimentari?

Immaginiamolo insieme, il 2034 di Crepet. Un signore qualunque in una città qualunque, che entra in una cucina qualunque e si prepara a cenare con la sua famiglia. Ma non c'è pentola, non c'è fornello, non c'è padella. No, in quel futuro così freddo e razionale, l'arte culinaria si riduce a una stampante alimentare 3D. Un piccolo gesto: una polvere, colore arancio, viene versata nel contenitore della macchina, qualche clic sullo smartphone e voilà, la cena è servita.

Non una cena qualunque, però, ma una poltiglia di eco-carne, eco-pesce o addirittura eco-cavallette, scolpita e cucinata alla perfezione. Morbida, della giusta consistenza, pronta per essere tagliata con una forchetta e inghiottita con un bibitone, magari vitaminico, stappato all'ultimo minuto. Insomma, un capolavoro della tecnologia, ma anche, e soprattutto, l'incubo di ogni amante della cucina tradizionale.

E qui, la riflessione filosofica diventa inevitabile. È questo il futuro che ci aspetta? È questo l'orizzonte a cui ci stiamo preparando, un mondo in cui il forno a microonde e la stampante 3D sostituiranno l'arte della cucina, quella basata sull'invenzione, sull'intuizione, sulla capacità di creare qualcosa di unico a partire da cosa che si ha a disposizione?

Certo, la tecnologia avanza, e con essa anche il nostro modo di vivere, di mangiare, di relazionarci con il cibo. Ma forse c'è qualcosa di più profondo da considerare. Forse, dietro questa stampante 3D che si affaccia nel nostro corso di aggiornamento, c'è un segnale, un avvertimento: stiamo perdendo qualcosa di fondamentale, la nostra umanità, la nostra capacità di improvvisare, di creare, di sentire.

La stampante 3D non è solo un oggetto, è il simbolo di un mondo che si muove sempre più velocemente, che cerca di ottimizzare, di rendere tutto più efficiente, ma che rischia di dimenticare il valore delle cose semplici, del cucinare insieme, del condividere un pasto preparato con amore e attenzione.

E allora, mentre mi preparo a partecipare a questo corso di aggiornamento, non posso fare a meno di chiedermi: che Crepet abbia davvero visto ciò che io non ho visto? Che questo corso non sia solo un corso di aggiornamento, ma un corso di cucina del futuro, un futuro in cui non ci sarà più spazio per le ricette della nonna, ma solo per polveri colorate e bibitoni?

La risposta, forse, la troverò tra qualche anno, quando, seduto in una cucina qualunque, guarderò una stampante 3D preparare la mia cena. Ma fino ad allora, continuerò a sognare un mondo in cui la cucina resta un'arte, un gesto d'amore, un atto di resistenza contro un futuro che, a volte, sembra volersi mangiare anche il nostro passato.



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