Economia Finanza

“Ritiro dal corridoio di Filadelfia”. La proposta Usa, ma Israele prende tempo




Circola, in queste ore concitate, la notizia secondo cui Tel Aviv avrebbe fatto un passo indietro sul corridoio di Filadelfia Che Benjamin Netanyahu difende strenuamente.

Conclusasi da nemmeno tre ore la conferenza stampa del premier israeliano, nella quale ha ribadito come il famigerato corridoio sia un interesse vitale per la sicurezza di Israele, le notizie vecchie e nuove si sovrappongono. “Ripeteremo ciò che abbiamo già detto: Israele ha accettato di ritirarsi dalle aree densamente popolate della Striscia di Gaza, incluso il corridoio di Filadelfia“. Lo accetto Matteo Millerportavoce del Dipartimento di Stato Usa. Le parole di Miller sembrano cozzare con quelle del premier israeliano che ha ribadito queste sera, il 4 settembre, che le linee rosse di Israele sono rimaste le medesime, nonostante la tragedia dei sei ostaggi uccisi da Hamas lo scorso finesettimana.

Ma le parole di Miller, tuttavia, non restituiscono una decisione di Tel Aviv, tanto meno una novità giunta in serata. Si tratta, infatti, di alcune frasi che già ieri il portavoce aveva pronunciato nel suo incontro con la stampa. Incalzato da un giornalista, Miller ha risposto alla domanda sul famigerato corridoio: “Abbiamo chiarito quale è la nostra opinione su una presenza israeliana in corso in Israele. Siamo un favore. (Risate.) Proprio così – quindi non era tecnicamente sbagliato. Abbiamo chiarito molto bene cosa crediamo sulla possibilità di una presenza israeliana in corso a Gaza, e cioè che ci opponiamo”.

Miller, in procinto di andar via, ha poi precisato il contenuto della nuova proposta Usa: “Dirò anche che nella proposta di collegamento che abbiamo avanzato, che il governo di Israele ha accettato, includeva la rimozione dell'IDF dalle aree densamente popolate. Ciò include il Philadelphia Corridor. Ora, lì, come ho detto, ci sono una serie di dettagli che richiederanno ulteriori negoziati per concludere come le parti rispetteranno i loro impegni ai sensi dell'accordo. Non negozierò su quelli in pubblico, ma è ciò di cui continuiamo a discutere con le parti”. Ergo, si tratta del contenuto della proposta americana alle parti, sulla quale Washington avrebbe trovato la quadra. Miller, tuttavia, non ha specificato il quando e il come, ma lo ha ribadito posto di Israele a questa alternativa. Una realtà che ora cozza con le parole di Bibi di questa sera.

Chi dice la verità, dunque?

Potrebbe trattarsi non solo della nota “proposta ponte” Usa, ma del tentativo negoziale ulteriore del tipo “prendere o lasciare” che gli Stati Uniti d'America Joe Biden hanno annunciato pochi giorni fa.

Si tratta di una proposta riveduta e corretta, che non è più il “piano Biden” tantomeno la proposta di Doha, ma una nuova idea che -qualora non incontrasse il favore di Tel Aviv-segnerà la fine della mediazione americana. Parola di Biden.



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