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La Chiesa di ‘Notre Dame de Lourdes’ a Casablanca: Un faro di spiritualità e incontro multiculturale


di padre Renato Zilio

Alta, solenne, la mole gigantesca della Chiesa “Notre Dame de Lourdes” domina con i suoi 30 metri di altezza il Rond-point de l'Europe, una crocevia strategica di Casablanca. Il traffico intenso e caotico della metropoli contrasta con la presenza maestosa della chiesa, quasi un monitor: di fronte al flusso continuo della vita, esistono realtà che rimangono punti fermi. Costruita nel 1955, durante il protettorato francese, era inizialmente la chiesa della comunità europea.

L'interno, austero e altissimo, è impreziosito da lunghe vetrate orizzontali su entrambi i lati, dove il rosso e il blu emergono in maniera prepotente, ricordando le cattedrali medievali. Queste vetrate, opera del grande maestro vetraio di Chartres, Gabriel Loire, raccontano l'avventura straordinaria di Maria, donna del popolo e Madre di Dio. Con i suoi 800 m² di vetro colorato, l'opera stupisce ancora oggi: ogni giorno, i raggi del sole trasformano le vetrate in giochi di luce, quasi a celebrare il magnificat: “L'Onnipotente ha fatto in me meraviglie!”.

Visitare una cattedrale, come suggerisce qualsiasi architetto, è un'esperienza da vivere quando è piena di vita, quando si riempie di fedeli. Alle messe domenicali, la chiesa si riempie di circa 600 migranti, perlopiù africani subsahariani, accompagnati da qualche europeo. La celebrazione è una vera festa: tra canti, battimani, turbanti colorati e preghiere, la corale polifonica degli studenti universitari risuona potente. La processione delle offerte si svolge con gioia, portando ananas, banane, latte, vino e frutta esotica in un ritmo che mescola lingue e tradizioni: francese, latino, swahili, yoruba. Il “Padre nostro” spesso viene cantato con i melismi dell'arabo, segno di una Chiesa che, in terra d'Islam, vuole essere “sacramento dell'incontro”.

L'obiettivo non è allargare la sua tenda, ma diffondere i valori del Regno di Dio, vivendo in fratellanza e dignità con i musulmani. Così, quasi due ore di celebrazione scorrono sorprendentemente veloci.

All'esterno, di fronte alla chiesa, si erge una grotta di Lourdes a grandezza naturale, che si apre allo sguardo e alla preghiera come una vela al vento. Casablanca, infatti, si trova ai bordi dell'oceano. Dall'alto di una cavità della grotta, la statua bianco-latte di Maria osserva immobile, ricordando la “Stabat Mater”. Dopo la messa, una folla silenziosa e assortita si raccoglie ai piedi della Madonna, creando un'atmosfera meditativa e mistica. Qui, ciascuno depone l'ultima invocazione prima di perdersi nel caos della metropoli.

Le sofferenze e le angosce dei migranti trovano in questo luogo uno spazio sacro. Alcuni accarezzano la roccia, altri si inseriscono nelle fessure piccoli biglietti di preghiera, altri ancora si inginocchiano assortiti. È come essere al Muro del Pianto. “La cultura africana ha bisogno di toccare, di sentire vicinanza,” confida l'anziano père Jean-Louis. “Anche quando confesso, si siedono vicino a me, quasi per toccarmi e sentire concretamente la grazia di Dio.” Alla grotta, tra mille candele accese, si comprende quanto solo una madre possa raccogliere la sofferenza dell'anima e offrirla, con misericordia, all'Altissimo.

Infine, una voce si alza: “Ave Maria”.





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