Economia Finanza

Lindner ribadisce il «no» a Draghi: rischi per debito comune troppo elevato


Il ministro delle Finanze tedesco

La Germania ha introdotto nella sua Costituzione la regola del freno al debito, che vieta allo Stato di prendere in prestito più dello 0,35% del suo Pil ogni anno

Il giorno dopo la presentazione del rapporto Draghi sulla competitività, il ministro tedesco delle Finanze Cristiano Lindner ha ribadito la sua opposizione all'emissione di nuovo debito comune e ha sottolineato che la Germania «deve dare l'esempio» agli altri Paesi della Ue in termini di disciplina di bilancio. «Che effetto farebbe se la Germania, in quanto maggiore economia dell'Unione europea, rompesse deliberatamente il Patto di stabilità europea?», ha detto il ministro durante il dibattito sul bilancio 2025 del governo di Olaf Scholz. «La Germania – ha aggiunto – deve dare l'esempio e rispettare non solo le proprie regole, ma anche quelle dell'Europa». L'Unione ha fissato il limite per il deficit pubblico al 3% del prodotto interno lordo dei Paesi membri ma la Germania è andata oltre, introducendo nella sua Costituzione la cosiddetta regola del freno al debito, che vieta allo Stato di prendere in prestito più dello 0,35% del suo PIL ogni anno.

Dopo essere stato sospeso tra il 2020 e il 2023 a causa della pandemia e della guerra in Ucraina, il nuovo patto sulla governance è ora in rampa di lancio e Lindner non vede grossi spazi di manovra per ulteriori programmi di spesa. «Siamo un'ancora di stabilità, soprattutto in Europa», ha insistito il ministro che ha ribadito la propria opposizione riguardo all'ipotesi di tornare a emettere debito comune dopo la prima operazione legata al Next Generation Ue. «L'emissione di debito in comune può anche portare ad un eccessivo indebitamento complessivo nell'Unione Europea», ha avvertito Lindner, secondo cui ogni Stato membro dell'Ue «deve continuare ad assumersi la responsabilità delle proprie finanze pubbliche». Altrimenti il ​​tutto si tradurrebbe in un «invito a tutti gli altri Paesi» a lasciar scivolare via il loro deficit e potrebbe far rivivere lo spettro di una «crisi del debito» come quella del 2011 che ha messo a rischio l'esistenza stessa dell' zona euro.



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