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Priorità alla famiglia: servono interventi strutturali, non bonus temporanei



di Francesco Belletti, direttore Cisf (Centro internazionale studi famiglia)

Le recenti dichiarazioni del Ministro Giorgetti sulla necessità di rafforzare gli interventi a favore della famiglia costituiscono sicuramente un segnale positivo, in vista dell'approvazione della legge di bilancio per il 2025. Nelle scorse settimane si era già innescato un vivace dibattito in merito, anche se “più virtuale che reale”, perché si discuteva di ipotesi, di possibili proposte, di ipotetici scenari, in assenza di dichiarazioni ufficiali, di impegni di spesa, di concrete proposte da parte del Governo e dei ministeri competenti. Certo proprio il fatto che sia il Ministro dell'Economia a ribadire la centralità delle politiche familiari appare una sostanziale novità; per anni le proposte di politica familiare venivano dibattute da altri Ministri, sottosegretari, forze sociali, associazioni familiari, ma alla fine si arrivava alla chiusura della legge di bilancio con il Ministero dell'economia che diceva: “Belle idee, ma non ci sono soldi !”.

Oggi invece proprio l'impegno del Ministero dell'Economia (insieme a quello più volte riaffermato del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni) sembra confermare che finalmente le scelte a sostegno della famiglia – e della natalità – sono arrivate ai primi posti dell'agenda politica del Governo, e quindi costituire una voce di spesa prioritaria, sulla quale costruire proposte sostanziose e per la quale individuare con chiarezza le fonti di finanziamento.

Le proposte in discussione sembrano orientarsi su nuove detrazioni, finalizzate a sostenere le famiglie con più figli e il lavoro femminile, mentre l'assegno unico sembra sostanzialmente confermato, senza revisioni che lo snaturino. E si sente parlare anche di “bonus Befana”, che potrebbe sostenere i lavoratori dipendenti con redditi sotto i 28.000 Euro con 100 euro, all'inizio dell'anno o già prima di Natale.

Discutere sulle singole misure è ancora prematuro, visti i margini di incertezza rispetto al tipo di interventi e soprattutto alla quantità di risorse che verranno davvero impegnate: ma almeno due criteri qui (non gli unici, ma i più pertinenti, allo stato del dibattito) meritano di essere ricordati, nella valutazione della qualità e appropriatezza degli interventi. In primo luogo serve continuità nel tempo, servono interventi e risorse economiche di lungo periodo. I sostegni economici alle famiglie – e per la natalità – non possono più configurarsi come episodici ed effimeri, ma devono offrire ai progetti di vita delle giovani coppie sicurezza e stabilità per almeno 25-30 anni – che è la durata della cura a cui, più o meno consapevolmente, si impegna chiunque mette al mondo un bambino. Quindi l'idea di ripartire con sostegni modello “bonus” non appare tanto appropriata (del resto il “bonus Befana” era stato introdotto ad aprile 2024, nel cosiddetto Decreto Coesione). Ovviamente non è molto popolare negare l'utilità di un sostegno diretto alle famiglie, anche se episodico: ma il futuro del Paese si costruisce con politiche strutturali, di lungo periodo – come l'assegno unico, pur con tutte le sue criticità – e riparlare di bonus e di interventi una tantum non è proprio un bel segnale. Servire continuità nel tempo, se si vuole far ripartire la speranza e la capacità di progetto delle giovani generazioni.

Un secondo criterio è l'universalità degli interventi, cioè l'idea che tutte le famiglie devono essere titolari di un sostegno, soprattutto quando si impegnano nell'accoglienza dei figli. Uno dei principali pregi dell'assegno unico è stata la sua platea tendenzialmente universalistica: per la prima volta anche i genitori che non erano lavoratori dipendenti accedevano ad un sostegno strutturale e consistente per la cura dei figli, dalla nascita fino ai 21 anni. Quindi occorrerà vigilare affinché le risorse più importanti non siano segmentate su segmenti specifici e circoscritti, ma conservino questa natura “tendenzialmente universalistica”.

Da ultimo, non si può non salutare positivamente l'idea che l'ipotesi sia di natura fiscale, nella forma di “maggiori detrazioni per le famiglie con (più) figli”, opzione che sembra caratterizzare la proposta del Ministro Giorgetti, con un importante impegno aggiuntivo di 5-6 miliardi. In fondo lavorare sulle detrazioni significa ricordarsi che il sostegno alle famiglie non può non passare attraverso una vera e propria riforma della fiscalità a misura di famiglia. Forse, più che scegliere nuove detrazioni, sarebbe stato meglio introdurre soluzioni più radicali e globali, come il quoziente familiare alla francese, o lo splitting alla tedesca, o il FattoreFamiglia proposto dal Forum delle associazioni familiari, introducendo una revisione strutturale e permanente della fiscalità che sia capace di vedere la famiglia come soggetto fiscale. Ma anche queste detrazioni potrebbero essere un buon primo passo – purché non rimanga unico, e, ovviamente, purché le risorse non vengano trovate togliendole ad altri servizi o interventi di cui le famiglie necessitano: una buona scuola, una sanità adeguata, servizi sociali dei Comuni più puntuali e diffusi. Attendiamo quindi con interesse le decisioni finali del Governo, e confidiamo che il Parlamento sappia fare nuovamente unità sulle misure a favore della famiglia, magari migliorandole in modo bipartisan nella discussione in aula. Perché la famiglia non è né di destra né di sinistra, ma è struttura portante della coesione sociale e dello sviluppo – anche economico – dell'intero Paese.





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