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«Lasciamo i cellulari fuori dalla classe»



«Quest'anno scolastico è particolarmente significativo per noi» spiega Virginia Kaladich, presidente nazionale della Fidae, che riunione le scuole paritarie di orientamento cattolico. «Sarà l'anno del Giubileoche ci chiama a riscoprire tutto il valore della comunità educante, capace di fare rete con l'obiettivo di cucire una scuola a misura di ogni studente, alla luce del Vangelo. Poi celebreremo il nostro 80° anniversario: anche questa sarà un'occasione soprattutto per guardare al futuro, con la consapevolezza di continuare a stare a fianco alle scuole paritarie cattoliche con passione e competenza».

Siamo all'inizio di un nuovo anno scolastico, le nuove sfide sembrano quelle legate alla rivoluzione digitale, tra smartphone e Intelligenza Artificiale, come ha ricordato anche il Presidente Mattarella nel messaggio di inizio anno:

«È vero, il digitale continua a interrogarci ea sfidarci ed è una tematica vasta su cui già da diverso tempo come FIDAE ci stiamo impegnando. Da una parte c'è sicuramente il discorso legato ai dispositivi: gli smartphone ormai sembrano quasi una parte del corpo aggiunta ai nostri ragazzi, mi sembra davvero di difficile applicazione la proposta da vietare per legge i cellulari credo che sia più di buon senso una proposta intermedio. Per esempio in tante scuole si invitano i ragazzi a consegnare il cellulare all'ingresso, perché si vuole far capire che una volta in classe può bastare quello che si vive lì, nel momento della lezione o della verifica ma soprattutto nella relazione con i compagnicon chi siede nell'aula e passa tutte le mattinie dell'anno insieme».

È un modo per concentrare l'attenzione degli studenti?

«Non si vuole solo obbligare i ragazzi a seguire la lezione, ma gli si sta dando un messaggio chiaro: la realtà supera il virtualele relazioni vere sono quelle che si stabilizzano guardando negli occhi l'altra persona, che sia un professore o una compagna di classe. E questo credo dovrebbe valere come indicazione per tutti i giorni, è un messaggio anche per le famiglie: anche se il tempo per stare insieme ai propri figli a volte è davvero poco, considerando un doppio lavoro e tutti gli impegni della gestione familiare, io credo che un altro modello sia possibile: ci vuole un tempo di qualità da dedicare ai bambini, agli adolescenti e ai ragazzi, un tempo tutto per loro, in cui li si ascolta senza distrazioni, in cui anche gli adulti possono mettere da parte il cellulare e gli altri impegni per dedicarli a entrare in una relazione vera e profonda e impegnarsi a farla crescere questa relazione, perché il legame familiare non sempre è sufficiente, va innaffiato, va fatto maturare e crescere man mano che i figli si trasformano in adulti.

Non sarebbe meglio vietare il cellulare in classe?

«Come ha detto Mattarella la scuola non è una bolla Vietare il cellulare per legge significa abdicare a questo compito educativosignifica di fatto già rinunciare in partenza al compito educativo e consegnare ad uno Stato di polizia una delle sfide che invece dobbiamo intraprendere e vincere. E questo perché poi gli smartphone sono già parte della nostra vita, basti pensare all'home banking, ai negozi online, alla possibilità di pagare il parcheggio, di chiamare un taxi: non si può demonizzare uno strumento.

L'altra grande sfida è sicuramente quella legata all'Intelligenza Artificiale.

«Credo sia urgente aprire un tavolo di lavoro interministeriale per capire quali sono gli usi che se ne possono fare e quali sono invece i pericoli, da ogni punto di vista. Sono apprezzabili le tante tavole rotonde e tutti i convegni sul tema ma io credo che non si possa prendere sotto gamba uno strumento così dirompente che potrebbe mettere in discussione tutte le figure lavorative, partendo dal corpo insegnanti.

Proprio in occasione dell'apertura delle scuole sono stati pubblicati dei dati sull'abbandono scolastico che speravamo di non vedere

«Si tratta di una vera e propria piaga, soprattutto se si considera che questi giovani vanno, nella maggior parte dei casi, ad ingrossare le fila dei cosiddetti Non-Educatore (Not in Education, Employment or Training, cioè quelli che non studiano, non lavorano e non sono in cerca di un impiego). È una responsabilità di tutti, perché la scuola è il pilastro della nostra Repubblicacome ha detto giustamente Mattarella, ed è lì, oltre che in famiglia, che cresciamo i futuri cittadini. Si tratta di un impegno che stiamo prendendo quest'anno per contrastare la dispersione scolastica è quella di puntare su un orientamento di qualità: è un momento delicato e va preparato nel migliore dei modi, senza trascurare nessun aspetto. La collaborazione che abbiamo iniziato con la piattaforma digitale MiAssumo va in questa direzione con l'obiettivo preciso di permettere a tutte le nostre scuole di accedere a percorsi digitali appositamente pensati per aiutare i più giovani a scoprire le proprie attitudini e ambizioni e sviluppare competenze utili a scegliere il percorso di studio e ad abitare il mondo del lavoro.

Pesa sull'abbandono scolastico il fatto che a volte gli studenti non sentono la scuola come un ambiente sicuro?

«È sicuramente un aspetto che non possiamo trascurare perché tutti devono sentirsi accolti, amati, ascoltati. Anche questa è una sfida importante che si lega molto a quello che abbiamo detto pocanzi rispetto al mondo virtuale e al fatto che i ragazzi lo hanno sostituito al mondo reale, spesso sottovalutando alcuni pericoli che se in un primo momento sembrano poco reali poi, improvvisamente, prendere le sembianze di una persona in carne ed ossa. Sono anni ormai che prosegue il nostro impegno per contrastare il bullismo e il cyberbullismo e più in generale tutti gli abusi nei confronti dei minori. Il nuovo”Protocollo Scuola Sicura”, che abbiamo varato meno di un mese, fa rappresenta solo la naturale prosecuzione di un lavoro partito con la prima Prassi di Riferimento contro bullismo e cyberbullismo, che ha fatto da apripista anche a livello legislativo, proseguito con la collaborazione con la CEI per la stesura del loro documento. Il protocollo è perfettamente in linea con la legislazione italiana, le indicazioni ecclesiastiche e le migliori pratiche internazionali, fornisce alle scuole cattoliche uno strumento concreto per la creazione di un sistema di tutela efficace che affronta in modo organico tutte le sfaccettature della sicurezza nelle scuole, dalla prevenzione degli abusi sessuali e del bullismo, alla tutela della privacy, alla sicurezza degli ambienti scolastici e delle gite.

Il 2025 ricorrerà anche una data importante per la parità scolastica…

“SIo ricorrerò esattamente 25 anni dall'approvazione della legge 62 del 2000: l'allora ministro Luigi Berlinguer regolando la questione della parità scolastica non fece altro che attuare la nostra Costituzione, dove al comma 4 dell'articolo 33 afferma che il principio del “trattamento scolastico equipollente” è da assicurare agli alunni delle scuole non statali, fissando per tali scuole diritti e doveri. Il clima in cui il compianto ministro condusse quella battaglia fu davvero difficile perché dovette superare opposizioni interne alla sua maggioranza, all'opposizione parlamentare e soprattutto da parte dei sindacati e delle sigle studentesche a cui si aggiunse praticamente tutta la stampa nazionale».

È paradossale che quella legge sia dovuta a un esponente dell'ex Pci, cugino di Berlinguer, soprannominato “il barone rosso”. Ma in fondo non sorprende. Ebbi la fortuna di intervistarlo, in quei frangenti, e mi spiegò che solo i laici avevano la possibilità di portare avanti tali leggi, perché i politici di orientamento cattolico avevano paura di passare per clericali…

«Sì. Erano tempi molto difficili. Alcuni strascichi dei mesi di contestazione che ne seguirono ce li siamo purtroppo ritrovati ancora, dopo un quarto di secolo, con la resistenza di falsi miti secondo cui tutte le nostre scuole sarebbero scuole da ricchi e/o diplomifici. Basta guardare i nostri numeri, la dislocazione territoriale delle nostre scuole che in tanti casi come nei piccoli centri di montagna o nelle periferie, sono davvero l'unico centro di istruzione di una comunità. La verità è che oggi le scuole paritarie cattoliche si trovano in difficoltà sia perché cominciano a manifestarsi le conseguenze della scarsa natalità dei decenni scorsi che stanno colpendo il Sistema scolastico nazionale, sia perché ancora non c'è la certezza del finanziamento statale, che molto spesso rimane bloccato per la lentezza degli uffici regionali con gravissime conseguenze per la tenuta finanziaria di tanti istituti. Credo sia giunto il momento di completare la legge, e con l'occasione istituirne una Giornata nazionale per la libertà di educazioneche potrebbe cadere proprio il 10 marzo, giorno della pubblicazione della legge in Gazzetta ufficiale».

Quali sono i progetti più innovativi che la FIDAE porterà avanti e che messaggio possiamo lanciare ai ragazzi?

«Tra le novità, stiamo puntando molto su percorsi di outdoor education, peer education e leadership condivisa, con l'obiettivo di rigenerare la qualità della cura educativa. Vogliamo continuare a sperimentare metodologie didattiche innovative, come quelle del progetto Erasmus Plus e delle avanguardie educative. L'educazione civicail volontariato e la tutela ambientale saranno al centro delle nostre attività, in linea con i principi del “Patto Globale” promosso dal Papa​. Il nostro compito è stimolare la ricerca della verità e della conoscenza, perché i giovani possano prendere in mano il proprio futuro e farne un capolavoro. Auguro a tutti gli studenti italiani di essere protagonisti del loro tempo, consapevoli che il percorso che intraprendono oggi è la base del loro domani​»





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