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Zeman ricorda Schillaci: “Palla tra i piedi e sempre in campo. Totò era felice”


Il tecnico degli anni di Messina: “Era un giocatore e un ragazzo speciale, segnava in modo naturale”

L a magia, prima ancora che in quelle notti appartenute a chiunque, scattò in quel tempo (1988-89) in cui gli occhi spiritati si spalancarono su quel microcosmo pieno di Schillaci: 23 gol per farne il principe della Serie B; e tra allunghi, gradoni, veroniche e freschi merletti, un calcio abbagliante, moderno e futurista, le stimmate di un attaccante nato per essere un eroe, ovunque. Quando Zdenek Zeman mise piede a Messina, Schillaci aveva cominciato a essere un Totò dalla maschera popolare con il suo mentore, il professore Scoglio, e stava però trasformandosi in un favoloso uomo dei sogni da esportare oltre lo Stretto, perché le favole esistono. E il giorno in cui partì verso Torino, dove “Cesto” Vycpalek l'aveva dirottato segnalandolo alla sua Juve per una vagonata di miliardi, nel silenzio di quell'allenatore visionario e rivoluzionario, si aprì un mondo. “Nessuno poteva stupirsi della sua esplosione, non chi aveva avuto modo di osservare anche una sola sua gara – racconta Zeman –. Lui inseguiva la felicità che poteva cogliere solo segnando e creando le possibilità per vincere. Era un attaccante con i fiocchi. Per me era un giocatore vero, un ragazzo straordinariamente buono”.



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