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Dal “treble” col Bayern Monaco a emarginato: dove si è perso Goretzka?


Tra problemi fisici e prestazioni non all'altezza, il centrocampista tedesco è finito ai confini della squadra. L'arrivo di Kompany è stato il colpo di grazia

Matteo Gentili

21 settembre – 08:34 – MILANO

Il Bayern Monaco ha iniziato la sua stagione alla velocità di un treno a levitazione magnetica, ma Leon Goretzka non è riuscito a prendersi un biglietto per la corsa. Anzi, non gli è stato proprio concesso di salire perché il nuovo macchinista Vincent Kompany lo ha ritenuto da subito inadatto per il suo gioco fatto di pressing alto, possiede palla e passaggi fitti. I minuti passati in campo fin qui sono una manciata, il weekend scorso è rimasto addirittura in tribuna. E pensare che soltanto qualche anno fa il centrocampista nato a Bochum era una delle colonne portanti di quel Bayern capace di vincere il “treble”. Ma dietro quella che è una vera e propria emarginazione non ci sono solo le idee dell'allenatore belga, poiché al declino del tedesco hanno contribuito anche gli infortuni sempre più frequenti e un calo generale delle prestazioni (soprattutto in difesa) che hanno portato il club a ricorrere ai ripari attraverso il mercato.

il debutto

Goretzka arriva al Bayern Monaco a parametro zero nel 2018 lasciando la squadra, lo Schalke 04, che lo aveva lanciato sul palcoscenico dei grandi: “Vado via perché sento di dover uscire dalla mia comfort zone per migliorare”, aveva dichiarato a gennaio, finendo per disputare la seconda parte di stagione pizzicato dall'astio dei tifosi. In Baviera lo aspettano con l'asticella delle aspettative piuttosto alta, complice la sua fama di centrocampista box-to-box, ma Goretzka risponde riuscendo effettivamente a mettere in pratica quell'intento di migliorare. Alla prima stagione esordisce con 9 gol, il doppio rispetto a quelli dell'ultimo anno a Gelsenkirchen, e 7 assist e nella successiva fa ancora meglio con 19 timbri totali (8 gol, 11 assist).

l'apice con flick

È il feeling con Hansi Flick, arrivato al posto di Niko Kovac a novembre 2019, a farlo sbocciare definitivamente. L'allenatore, ora a Barcellona, ​​lo rende un titolare inamovibile, lo responsabilizza affidandogli le redini della squadra in entrambi i lati del campo. Una scelta vincente, perché Goretzka mostra al pubblico i motivi per cui è stato scelto dalla migliore squadra di Germania: abilità offensiva (è il 4° in rosa per azioni da gol create, il 5° miglior marcatore, il 5° per tiri in porta ) e difensivo (6° per blocchi di palla, 7° per intercettazioni). Nel frattempo, il classe '95 diventa una “bestia” lavorando “giorno e notte” in palestra e arrivando a esibire dei muscoli che in campo lo trasformano in un muro di granito. È anche grazie a lui, quindi, che a fine di una stagione tramortita dal Covid-19 il Bayern Monaco fa incetta di trofei conquistando Bundesliga, Coppa di Germania e Champions League. “Mi sono integrato meglio nella squadra solo grazie alla fiducia che Flick ha in me. Lui si è fidato di me e spero di averlo ripagato”, dirà Goretzka qualche mese più tardi. E l'allenatore risponderà contraccambiando il messaggio d'amore: “So che posso contare su di lui in ogni situazione. È consapevole del suo ruolo, dà priorità alla squadra prima che a sé stesso. È un piacere avere un giocatore come lui”.

l'inizio della fine

Il 2019/2020, tuttavia, segna contemporaneamente l'inizio di un lento declino, ora divenuto più che mai tangibile. Vari infortuni lo costringono a saltare più di dieci partite e il copione si ripete alla stessa esatta maniera anche l'anno successivo. Nonostante sia già stato compromesso, il fisico di Goretzka non finisce di dare segni di cedimento. La sua salute viene stritolata ancora, stavolta da un problema all'anca che lo tiene lontano dal gioco per quasi tre mesi nella stagione 21/22. Dopo tre anni dall'inizio del calvario il centrocampista riesce piano piano a rimettersi in sesto ea tornare al centro della squadra. Però Flick, quella guida con cui si erano tanto stimati a vicenda, non c'è più. Al suo posto è arrivato Julian Nagelsmann, un allenatore dalle idee totalmente diverse e ingaggiato per dare il via a un corso più consono ai tempi moderni del gioco. Goretzka è tornato in salute e riesce comunque a ritagliarsi il suo spazio. Fa più fatica del solito a dare il suo contributo quando si attacca, ma disputa poco più di 2.550 minuti fra tutte le gare (stagione 22/23), un numero che gli mancava dai tempi del suo arrivo in Baviera. Il successivo cambio in panchina, da Nagelsmann a Tuchel, non arresta la sua crescita, ma la fa progredire ulteriormente. Sei gol e 11 assist, e oltre 3000 minuti giocati, rappresentano l'anno del riscatto. Eppure qualcosa non va.

emarginato

Tuchel si lamenta più volte della mancanza di un giocatore chiave a centrocampo: “Non abbiamo un numero 6 che pensa a proteggere la difesa. Dobbiamo trovare soluzioni”. Con queste parole punta il dito contro Joshua Kimmich e proprio contro Goretzka che, sebbene stia giocando generalmente una delle migliori stagioni in carriera, risulta disastroso nei suoi compiti primari: paragonato al resto della squadra è indietro nei contrasti vinti (specialmente nella trequarti difensiva), nella gestione del possesso palla (soprattutto in attacco) ed è addirittura primo per numero di sfide uno contro uno perse. Il suo rendimento preoccupa, poco importante dei gol. La storia fra le due parti finisce con il Bayern che perde il Meisterschale dopo 11 anni consecutivi e, per riscattarsi subito, compie la rivoluzione in estate: dentro un allenatore emergente come Kompany, un leader della mediana come Joao Palhinha e più spazio ai giovani, vedi Pavlovic. Tutto ciò è il colpo di grazia per Goretzka, precipitato nelle gerarchie del belga e scaricato dalla società anche a causa del suo contratto monstre da 18 milioni di euro lordi all'anno che durerà fino al 2026. Insomma, il messaggio è chiaro. Per uno dei totem degli acuti non c'è più spazio.





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