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Israele, il passo implacabile contro i profeti del terrore




Dopo la giornata dei cercapersone e il seguito dei walkie-talkie, dopo la distruzione di cento rampe di lancio pronte per una parte dei missili che l'Iran ha fornito a Hezbollah, ieri pomeriggio nel centro di Beirut è stato eliminato un capo terrorista ricercato da anni, Ibrahim Aqil. Un colpo strategico fondamentale contro il maggiore proxy degli ayatollah, un gruppo terroristico che ha trascinato il Libano in una guerra a fianco di Hamas di cui gli altri cittadini libanesi si rammaricano. Non così il resto del mondo. Per ora al Nord le sirene non hanno smesso di chiamare i cittadini israeliani a correre nei rifugi, i bombardamenti degli Hezbollah dal 7 ottobre sono un fatto normale. Nasrallah, durante il suo discorso di giovedì (niente bandiere sullo sfondo, tono incerto, rating gigantesco nell'attesa dell'annuncio, che non è ve' -.
ii nudo, della sua vendetta) ha solo confermato che non smetterà di combattere finché Hamas lo farà, che Israele è il responsabile della guerra e ha confessato di non avere mai ricevuto un colpo così duro. E oggi un altro colpo nel cuore di Beirut: un'altra sonora umiliazione.
È vero, i suoi missili partono ancora, i boschi bruciano, le case del Nord ancora sono deserte, ma solo domenica scorsa Netanyahu ha annunciato che fra gli obiettivi strategici c'era anche il ritorno a casa dei 65mila sfollati. Hezbollah per solidarietà coi peggiori assassini del secolo li ha aggrediti e cacciati via: donne, bambini, famiglie. Israele mercoledì ha azionato una macchina di attacco inusitata, stupefacente, ad personam. Un congegno preparato con un lavoro di sicurezza e tecnologico da Netflix: dimostra che Israele è ancora se stesso, e che dopo il fallimento del 7 ottobre, ha ripreso la via dell'invenzione inaspettata per vincere i propri più terribili nemici. La spiegazione della lunga preparazione a fronte invece dell'ignoranza colpevole su Hamas, è probabilmente legata alla maggiore attenzione per il fronte iraniano. Grave errore.
Adesso, lo scopo è chiaro: Israele vuole riportare la sua gente sfollata a casa, riprendere possesso del suo territorio, delle sue case, delle sue scuole; non ha nessun interesse al territorio libanese se non per quella parte che viene usata come rampa di lancio per i missili, pronti per il prossimo sterminio egli ebrei programmato dall'Iran da anni. È puro odio. Come quello dei missili lanciati da 2mila chilometri di distanza dagli Houthi. Eppure anche la semplice decisione di Israele di cercare di riportare a casa i suoi è coperta di disapprovazione, di timore dell'escalation. Ma l'escalation c'era già stata, quella che ha portato a fianco di Hamas l'Iran ei suoi. Mai condannata. Chi ha intimato agli Hezbollah di smettere di fidanzarsi con Hamas? Nessuno. L'Occidente biasima solo Israele, non ammira affatto l'impresa dei beeper, non chiede di lasciare tornare a casa gli sfollati israeliani per porre fine al conflitto. Che Blinken abbia insistito diverse volte sul fatto che «gli Stati Uniti non sapevano, non sono coinvolti» non stupisce. Israele è solo mentre l'Inghilterra laburista taglia le armi, mentre, su un altro proscenio, lo scontro con il terrorismo allarga il suo fronte anche nelle nostre città e l'Onu intanto vota una risoluzione che sembra scritta da Krushev usando la politica delle maggioranze automatiche dell'Onu e nega a Israele il diritto alla difesa. Normale. Fa solo impressione anche che l'Italia si sia astenuta.
La paura dell'escalation e la richiesta di cessare il fuoco sono aiuti alle organizzazioni terroristiche. Gli Hezbollah sono fra le peggiori, un'organizzazione fascista, criminale, antisemita, che punta alla liquidazione di Israele, come Hamas. Israele però viene condannata perché cerca di difendersi pena la sua stessa vita.

Se la logica con cui viene ideologicamente perseguitata fosse stata la stessa ai tempi della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti di Roosevelt e Truman, come l'Inghilterra di Churchill sarebbero tutti stati condannati per crimini di guerra.



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