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«Fernate la guerra!», l’invocazione di Francesco e dei leader religiosi riuniti a Notre-Dame



Sullo sfondo svetta la basilica di Notre-Dame, colpita dal fuoco nel 2019, oggi ricostruita e pronta a dicembre a riaprirsi alla preghiera. Sul sagrato sono riuniti – chi in abiti variopinti, chi in tuniche austere – imam e teologi musulmani sunniti e sciiti, rabbini ebrei, vescovi, pastori ed esponenti delle diverse confessioni cristiane, hindu e monaci buddisti, saggi delle religioni orientali, intellettuali del pensiero laico e umanista, per la cerimonia finale dell'incontro internazionale “Immaginare la Pace” (Parigi, 22-24 settembre 2024). «Portiamo nel cuore – dicono nell'appello finale – il dolore di tanti popoli per le guerre in corso». Se ne è parlato nei tre giorni: Gaza, Sudan, Congo, Ucraina, Siria, Afghanistan, da chi viene inghiottito dal Mediterraneo a chi è “cosificato” dalla tratta sul confine Messico-Usa.

Sono di queste ore le bombe sul Libano, altri bambini sono uccisi, il Medio Oriente è di fronte a una nuova escalation: «Smettete la guerra!», le parole di Papa Francesco, lette dal nunzio apostolico, scuotono la piazza piena di giovani. Ripetete ancora, rivolgendosi ai dirigenti politici: «Smettete la guerra! Stiamo distruggendo il mondo! Fermiamoci finché siamo ancora in tempo!». È un messaggio forte e netto quello di Bergoglio, poiché le nubi del presente rendono scuro l'orizzonte. Aggiunge: «Mentre tanti continuano a fare la guerra, possiamo tutti lavorare per la pace», stando attenti a non cedere al clima bellicista: «Noi dobbiamo tener lontano le religioni dalla tentazione di diventare uno strumento che alimenta il nazionalismo, l'etnicismo, il populismo. La guerra si intensifica. Guai a coloro che cercano di trascinare Dio nelle guerre!».

Il Papa cita il “Documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza umana”, firmato con il Grande Imam di Al Azhar Ahmad Al-Tayyeb ad Abu Dhabi, il 4 febbraio 2019: «Le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell'uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione che hanno abusato – in alcune fasi della storia – dell'influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini».

Le migrazioni, l'Europa, il Mediterraneo, la democrazia, il dialogo con i non credenti, l'Africa oggi, le armi atomiche, l'intelligenza artificiale, i paesi in guerra, la questione ecologica, le diseguaglianze sociali: sono i temi della tregiorni parigina. Oltre ai panel, anche momenti di dialogo, di amicizie consolidate e anche di opinioni diverse ma che si confrontano. Così li riassume Marco Impagliazzo: «Ci siamo ascoltati e l'abbiamo capito: bisogna uscire, cominciando da se stessi, da posizioni bloccate». Servire «il coraggio di rischiare la pace». «Questa sera – continua il presidente di Sant'Egidio – vogliamo innalzare un grido forte di protesta: un grido di resistenza di fronte alla guerra ea tanta violenza. Noi protestiamo di fronte al mondo per tutti i morti (la maggioranza vittime innocenti). NO! La guerra non è il nostro futuro, non può essere il nostro destino!». Sotto le volte di Notre-Dame arriva una forte accusa alla «militarizzazione delle relazioni internazionali».

L'anno prossimo, viene annunciato, l'appuntamento sarà a Roma. Intanto si proclama l'Appello di Pace 2024, frutto dell'incontro: ciascun leader lo firma, accendendo la candela e deponendola in un candelabro. Significativo che esponenti dell'ebraismo e dell'islam lo facciano insieme, mentre la luce resiste alla pioggia parigina. Si legge nell'Appello: «Abbiamo provato a immaginare, in questi giorni, un futuro di pace per questo mondo, per quanti sono coinvolti amaramente nella guerra, per quanti sono colpiti dal terrorismo». Le religioni, in passato attraversate anche dal fanatismo e dalle strumentalizzazioni le une contro le altre, vogliono essere acqua che spegne i conflitti: «La guerra in nome di Dio è una bestemmia».

All'incontro internazionale si è riflettuto su come la cultura della pace si sia dissipata anche in Europa: «Si è smarrita – dice l'Appello – la memoria dell'orrore della guerra, quell'eredità dei due conflitti mondiali del Novecento che mostra come solo la pace è un'alternativa umana e giusta». Per questo, nella piazza di Parigi, la novantatreenne Gilberte Fournier ricorda «quel periodo triste in cui si ha il cuore pesante». «Non si mangia tutti i giorni – dice con voce flebile e decisa al tempo stesso – quando c'è la guerra; io mi sono indebolita, a causa dello scorbuto e anche a causa della paura. Dovevamo scendere continuamente in cantina non appena suonava la sirena». Un giorno la porta si è aperta all'improvviso a causa dell'esplosione di una bomba: «C'erano urla e grida. avevamo molta paura, dovevamo rimanere sdraiati il ​​più possibile, c'erano sacchi di sabbia ovunque davanti ai portoni». È la violenza della guerra: «Ho visto le bombe cadere non lontano da me. Non è bello per un bambino vedere queste cose. Abbiamo dormito per terra, nei fienili, nelle sacrestie delle chiese». Chi è sopravvissuto al conflitto mondiale ha poi “immaginato la pace”: «Sono qui davanti a voi – sale il tono dell'anziana quando si rivolge ai giovani – per dirvi che non bisogna perdere la memoria del grande male. È per questo che testimonianza oggi, per rendere i giovani solidali con la memoria delle persone anziane come me: non lasciatevi convincere che la guerra sia inevitabile, ma custodite e fate crescere la pace che la mia generazione ha immaginato dopo la guerra. Amate la pace! Amate gli altri. E costruito un futuro comune».

foto, Comunità Sant'Egidio





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