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Riaffermare il valore della vita tra mercificazione e perdita di umanità



Pubblichiamo un estratto dell'intervento del direttore del nostro sito al Forum Internazionale sulla Pace organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio, che si è tenuto lo scorso 23 settembre 2024 a Parigi

di Stefano Stimamiglio

Partecipare al Forum Internazionale sulla Pace organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio, , è stata un'esperienza che mi ha scosso profondamente. Il tema del valore della vita umana, oggi così minacciato da dinamiche globali e locali, ha sollevato in me una riflessione che non posso ignorare. Viviamo in un mondo in cui il progresso tecnologico e il benessere economico avrebbero dovuto migliorare la condizione umana, eppure assistiamo quotidianamente a segnali di un'inquietante valutazione della vita stessa.

Da credente e da direttore di Famiglia Cristiana, mi sento in dovere di interrogarmi e invitare alla riflessione: perché la vita umana sembra valere sempre meno? Perché ci stiamo abituando a un mondo in cui la vita delle persone, in particolare delle categorie più vulnerabili, è trattata come un peso, come qualcosa di sacrificabile? Questa domanda ha attraversato tutto il dibattito del forum, alimentato da interventi autorivoli e appassionati che hanno fatto emergere una realtà complessa, difficile da accettare.

Papa Francesco, nelle sue denunce sulla “cultura dello scarto”, ha spesso insistito su come questa tendenza sta profondamente condizionando il nostro modo di vivere e di rapportarci agli altri. È una cultura che si fonda su un'economia che privilegia il profitto sopra ogni cosa, relegando ai margini chi non è produttivo o utile al sistema. Gli anziani, i disabili, i poveri, gli immigrati: sono queste le categorie di persone che, agli occhi di una società sempre più cinica, sembrano non avere più diritto di esistere. Sono considerato un costo, un fardello da sopportare, e non esseri umani dotati di una dignità inviolabile.

Il forum ha messo a nudo come questa cultura dello scarto non riguardi solo la sfera economica. Anche la politica, con la sua retorica spesso aggressiva e disumanizzante, contribuisce a creare un clima di indifferenza nei confronti della vita umana. I leader politici, in molti casi, utilizzano un linguaggio che semplifica e banalizza la complessità delle persone, riducendo gli esseri umani a strumenti nelle mani del potere. Quando ci abituiamo a sentire discorsi che trattano la vita delle persone come un mezzo per ottenere consenso o per raggiungere obiettivi di potere, inevitabilmente perdiamo di vista il valore intrinseco della vita stessa.

In questo contesto, mi ha colpito molto una riflessione emersa durante uno degli interventi: i media, oggi più che mai, giocano un ruolo fondamentale nel modellare la percezione della vita umana. Siamo immersi in un flusso costante di notizie, immagini e video che scorrono rapidamente sui nostri schermi. Le tragedie umane diventano uno spettacolo da consumare velocemente, senza il tempo di riflettere, di sentire empatia, di reagire. Le piattaforme sociali, con la loro logica di gratificazione immediata, incentivano la superficialità e promuovono contenuti sensazionalistici che disumanizzano le persone coinvolte in eventi tragici.

Ciò che vediamo ogni giorno sui social media è un flusso continuo di sofferenza e violenza, che, a lungo andare, ci anestetizza. La nostra capacità di provare empatia, di commuoverci di fronte al dolore altrui, sembra ridursi progressivamente. Questo fenomeno, che probabilmente definire “desensibilizzazione emotiva”, è uno degli effetti più preoccupanti dell'uso sconsiderato dei media digitali. Ogni immagine violenta, ogni tragedia condivisa sui social, rischiando di perdere il suo impatto, diventando solo un'altra notizia tra tante.

Non posso non riflettere su quanto sia grande la responsabilità di chi, come me, lavora nel mondo dell'informazione. Ogni giorno siamo chiamati a raccontare il mondo che ci circonda, a dare voce alle sofferenze e alle ingiustizie, a denunciare le storture del sistema. Ma siamo anche chiamati a farlo in modo etico, rispettoso della dignità di ogni persona. È facile cadere nella trappola del sensazionalismo, dobbiamo resistere, dobbiamo lottare per un'informazione che non disumanizzi, che non riduca le persone a meri strumenti per fare audience.

In questo, Papa Francesco ci ha offerto delle linee guida preziose nei suoi Messaggi per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Uno dei messaggi che più mi ha colpito è stato “Parlare col cuore”, dove il Papa ci invita a comunicare con empatia, mettendo al centro l'essere umano. Questo è un invito che noi, come cristiani e come comunicatori, dobbiamo accogliere ogni giorno. Non possiamo permettere che la vita umana diventi un oggetto di consumo, un prodotto da vendere attraverso titoli sensazionalistici o immagini scioccanti.

Durante il forum, uno degli aspetti più discussi è stato il ruolo degli algoritmi dei social media. Questi sistemi, progettati per massimizzare il coinvolgimento degli utenti, spesso promuovono contenuti che rafforzano le convinzioni preesistenti o che suscitano emozioni forti, come la rabbia o l'indignazione. In questo modo, si alimenta una cultura della polarizzazione e dell'odio, che contribuisce ulteriormente alla svalutazione della vita umana. Quando vediamo commenti razzisti o violenti proliferare sui social, dobbiamo chiederci: qual è il prezzo di tutto questo? Quale impatto ha sulla nostra capacità di vedere l'altro come una persona, e non come un nemico o un avversario?

Il forum ha anche affrontato il tema della “normalizzazione del dolore e della violenza”. Quando vediamo immagini di guerra, incidenti o tragedie umane ogni giorno, queste situazioni ci appaiono quasi normali. La violenza diventa parte del nostro paesaggio quotidiano, e la nostra capacità di indignarci, di reagire, viene progressivamente erosa. È un fenomeno che dobbiamo contrastare con tutte le nostre forze, perché il rischio è che la vita umana venga ridotta a un mero dato statistico, a un numero tra tanti.

Al termine del forum, ho sentito dentro di me un rinnovato senso di responsabilità. Come credenti, siamo chiamati a difendere il valore della vita umana, a combattere contro ogni forma di indifferenza, di disumanizzazione, di sfruttamento. Ma siamo anche chiamati a farlo attraverso una comunicazione che sia rispettosa, che metta al centro la persona e non il profitto. In questo senso, il messaggio della Chiesa è più attuale che mai: “Parlare col cuore”, come ci esorta Papa Francesco, significa promuovere una comunicazione che rispetti la dignità di ogni persona, che valorizzi l'empatia e la solidarietà.

Mi auguro che gli eventi come il Forum di Sant'Egidio possano contribuire a sensibilizzare sempre più persone su questi temi cruciali. La vita umana ha un valore incommensurabile, dobbiamo difenderla in ogni circostanza, contro ogni tentativo di mercificarla o ridurla a uno strumento nelle mani del potere. Solo così potremo costruire una società più giusta, più umana, più vicina al messaggio di amore e di rispetto che il Vangelo ci insegna.





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