Istruzione

Tutti straparlano di lei. Lettera – Orizzonte Scuola Notizie


Inviata da Daniele Castiglia – Tutti parlano di lei: pedagogisti, psicoterapeuti, sociologi, psicologi, opinionisti, scrittori, attori, cantanti, dirigenti d'azienda, associazioni, genitori, e ogni tanto, ma raramente, qualche insegnante. Quasi mai gli studenti.

Forse perché non si è bene interpretato il vecchio ritornello: “lo studente al centro”.

Non si intendeva al centro dell'attenzione, bensì al centro di una realtà che lo avrebbe dovuto vedere protagonista.
Invece ognuno dice la sua, mette cioè al centro se stesso, partendo da un'idea considerata geniale e risolutiva e portandola all'interno di un sistema complesso, dinamico, contraddittorio.

I peggiori sono proprio gli esperti, che da aule universitarie e studi privati ​​intervistano, osservano, confrontano, analizzano, traggono conclusioni, creano modelli ea volte persino propongono ricette.
Ricetta!

Peccato che gli ingredienti cambiano ogni volta. Si parla di scuola come fosse un mondo omogeneo, mentre l'articolata realtà di questa istituzione va dai 3 ai 19 anni, dall'infanzia alle superiori, che sono licei, istituti tecnici o professionali, ognuno con le proprie caratteristiche specifiche, la propria utenza particolare. Ma poi ci sono le scuole del nord, del sud, delle isole, quelle di montagna, quelle delle zone turistiche, quelle di città, e in città quelle di periferia e quelle del centro, quelle con 3000 studenti e quelle con 15, tutte con esigenze proprie. Ci sono le scuole con il corpo docente stabile e storico, quelle in cui cambia ogni anno, quelle in reggenza e quelle con 7 plessi distanti tra loro. Tutte autonome, per cui ognuna con un DSGA (segretario amministrativo) e un Dirigente aventi competenza, entusiasmo, voglia e forza diversa per portare avanti il ​​proprio istituto attraverso finanziamenti, bandi, progetti locali, regionali, nazionali ed europei.

Insomma, c'è anche di mezzo la fortuna, l'alchimia, perché un gruppo docente, come un gruppo classe, è un sistema di interazione relazionale imprevedibile, in cui basta innescare una piccola variante per fare saltare un equilibrio già precario, e di solito le varianti sono enormi, perciò irriproducibili (a tal proposito, quelle sociali si autoproclamano tronfiamente scienze per un retaggio positivista che persino la fisica ammette di per sé con qualche disagio).
Solo per parlare della scuola in sé, senza considerare ciò che le ruota intorno, influenzandola: i genitori, i mass media, la politica, i social.

Con questo non si vuol dire però che il dibattito non sia necessario. Il confronto è anzi sano e auspicabile. Ma occorre fare una considerazione.
Qualche settimana fa ho visto su rai play una inchiesta del 1968, di più di mezzo secolo fa, ai tempi dell'avvio dell'obbligatorietà della scuola media.

È davvero interessante vedere nascere una riflessione sulle finalità sugli e strumenti della scuola, (nel documentario, di cui allego il collegamentosono coinvolti anche i ragazzi della scuola di Barbiana, gli autori della Lettera a una professoressa, dopo la morte di Don Milani).

È anche interessante però notare come quella riflessione, quella discussione, che allora era rivoluzionaria, riecheggia ancora oggi uguale. 56 anni dopo.
Uguale. Senza che si sia arrivati ​​a una sintesi. Quella generazione ha riflettuto, ha cercato soluzioni, ha immaginato un modello educativo e noi, semplicemente continuiamo a reiterare, forse solo un po' stancamente, quella riflessione, la facciamo nostra, con tutte le sue contraddizioni (bocciare sì-bocciare no; selezionare vs . includere, lavorare sul merito o cercare equità), ma l'impressione è semplicemente che non siamo andati avanti, arresi di fronte alle aporie di un approccio che risolve da una parte e risulta pernicioso dall'altro. Fermi alle idee che ideologizzano un sistema, un mondo, il quale intanto se n'è andato tranquillo per la sua strada, ad anni luce dalle nostre aule.

Se il dibattito è utile, un eccesso di chiacchiere senza costrutto, senza il coraggio di una verifica, forse finisce per essere deleterio, creare confusione, burocratizzare, appesantire, illudere, e per quel fenomeno dell'eterogenesi dei fini, ci fa andare a sbattere guidati dalle buone intenzioni.

Io proponei una moratoria di qualche anno, chiedendo agli esperti, ai genitori, agli avvocati, agli artisti, di stare zitti, o almeno di non dare suggerimenti operativi a chi, ancora meno competente, ma con l'ufficio a viale Trastevere, finisce per tentare di dare un senso al proprio lavoro adottando misure, riforme, proposte, indicazioni e circolari che chi quel mondo lo vive, ci lavora, ne soffre, vi impazzisce di gioia e dolore, finisce per dover subire, impedendogli di fatto di svolgere serenamente un lavoro fatto di sottili equilibri tra empatia e rigore, ascolto e seduzione intellettuale, integrità e rinnovamento, e tante altre indefinibili attrezzature che gli insegnanti hanno e devono esercitare con sensibilità, e per cui modelli, relazioni, programmazioni, registri, progetti nazionali, e tutto l'armamentario che ne segue, risulta essere solo zavorre e gravami burocratici la cui utilità, a tener conto dei risultati certificati dei nostri ragazzi, è quantomeno dubbia.



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