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Quando l’arte riqualifica il carcere


Era un seminterrato destinato alle celle di isolamento dei detenuti degli “anni di piombo” e poi ai mafiosi delle prime inchieste contro le cosche di 'ndrangheta e Camorra in Lombardia nel cuore della casa circondariale 'Francesco Di Cataldo' di Milano, noto come carcere di San Vittore. Un luogo – quello situato al piano seminterrato del primo raggio, abbandonato da alcuni decenni, che oggi è stato riqualificato grazie all'intervento di tesisti, ricercatori e professori del Politecnico di Milanoe diventato prima un laboratorio e ora è una vera e propria galleria d'arte contemporanea aperta alla città.



“Gli artisti sono quelli che fanno casino. Frammenti dal carcere di San Vittore”. Questo è il titolo della mostra ma anche il sinonimo del capovolgimento totale della funzione dello spazio detentivo. È il motivo ispiratore di Milano San Vittore ReverseLab, un progetto nato dalla collaborazione tra la casa circondariale 'Francesco Di Cataldo', il Politecnico di Milano e il Padiglione d'Arte Contemporanea (Pac), realizzato grazie al contributo di Fondazione di Comunità Milano, in collaborazione con Forme Tentative e Philo – Pratiche filosofiche.

Per tutto il mese di ottobre chiunque può visitare le istallazioni, ma il dono più grande va chi sta dentro «che soffro per spazi vecchi e ridotti», chiosa il direttore del penitenziario Giacinto Siciliano. Il carcere nel cuore del capoluogo lombardo è tra gli istituiti di pena più affollati d'Italia, con oltre 1.000 detenuti su 450 posti. «All'interno lavorano anche 500 persone tra agenti, educatori e personale amministrativo, tutti noi insieme ai detenuti studenti abbiamo bisogno di questa riqualificazione e di far entrare gli, i cittadini e il bello per guardare ai problemi con spirito d'iniziativa», chiosa Siciliano.



Sul tema si è espresso anche Mauro Palma, giurista, fondatore dell'associazione Antigone e fino a inizio 2024 Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale: «Una recente sentenza ha dato ragione ad un detenuto che denunciava il fatto di non potere vedere il sole e la luna fuori dalla finestra. Ecco, questo lo potremmo chiamare Diritto al cielo. Ed è importante. Poter puntare alto lo sguardo e sognare vuole dire coltivare frammenti di speranza e raccogliere la forza di lottare per quello cui si tiene, in questo caso auspicabilmente la vita».

L'allestimento della mostra è stato curato dall'artista internazionale Maurice Pefura che si è chiesto «con cosa posso coinvolgere e far lavorare in modo artistico delle persone detenute? La risposta è stata nel formato “ristretto” [come nel gergo burocratico delle carceri viene definito il detenuto ndr] del post-it», spiega l'artista. Così l'opera si compone di migliaia e migliaia di piccole finestre disegnate ad acquarello si alternano da centinaia di post-it colorati scritti o disegnati dalle persone che vivono dietro le sbarre: i carcerati così come gli agenti di Polizia penitenziaria.



Questo progetto è l'ultimo frutto, in ordine di tempo, «del lavoro di rete che ha messo insieme istituzioni, associazioni e atenei», aggiunge Francesca Cognetti, delegata della Rettrice del Politecnico al programma Off Campus, nato per creare piccole “basi” dell'università in luoghi di Milano che sono marginali e fragili e hanno bisogno di visibilità. Il laboratorio permanente inaugurato, ReverseLab, sarà gestito dall'Fuori dal Campus del Politecnico ma partecipando tra gli altri anche Bocconi e Bicocca – ad esempio – con uno sportello legale.

«Il carcere può essere un posto di appiattimento, ma può essere un posto di grande fermento nel momento in cui lo si trasforma in un luogo di attenzione in cui si svolgono attività; allora si scoprono risorse e anche talenti. La presenza di un laboratorio di progettazione permanente come Off Campus San Vittore, ora attivo sul progetto ReverseLab, crea i presupposti per ragionare sugli spazi ma anche sulle persone, per raccontare un altro carcere possibile. È un'occasione per far entrare i giovani all'interno del carcere, cambiando la prospettiva dal quale lo si osserva e coinvolgere in questa visione gli studenti, i docenti, gli operatori e gli ospiti della struttura. Per noi questo è importante: aprire alle persone per aprire nuove possibilità; è importante l'idea che il carcere possa diventare un luogo dentro la città, e che possa avere qualcosa di buono da raccontare», incalza rispetto alla bontà di questa collaborazione e del progetto in sé, Giacinto Siciliano, direttore della casa circondariale Francesco Di Cataldo . Che aggiunge: «Il coraggio che ci è servito per fare entrare un progetto del genere con il flusso di visitatori che potrebbe portare genererà altra osmosi tra fuori e dentro. Gli istituti di pena ne hanno bisogno».



Il coraggio lo ha avuto anche il Pac di Milano che ha scelto di utilizzare l'arte contemporanea come «strumento di conoscenza delle tante realtà che ci circonda e accanto alle quali viviamo, anche quelle più difficili da approcciare. Lo fa attraverso lo sguardo e l'impegno degli artisti invitati a realizzare le loro mostrema anche partecipando a progetti di educazione e formazione come ReverseLab, affinché l'arte possa diventare anche veicolo di riscatto sociale» ha spiegato Diego Sileo, curatore del Padiglione d'Arte Contemporanea.

Il gruppo di studenti del “Laboratorio Carcere” del Politecnico di Milano, oltre ad ideare e condurre ReverseLab, ha collaborato con Forme Tentative al progetto architettonico e alla riqualificazione dello spazio sotto il primo braccio di San Vittore. facilitando le attività partecipative del workshop artistico e il processo di relazione e coinvolgimento dei detenuti e degli agenti. Mostra visitabile il sabato e il lunedì su due turni 14.00-15.00 e 15.00-16.00 fino al 28 ottobre 2024 iscrivendosi QUI





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