Cinema

I Fratelli Menendez, la recensione: dal processo mediatico alla rivalutazione pubblica – Badtaste


Un classico lungometraggio documentario crime distribuito su Netflix con il cursore che va avanti e indietro nel tempo durante il corso dei suoi 116 minuti e le canoniche telefonate dal carcere dei protagonisti. Si intitola I fratelli Menendez e racconta nuovamente, in forma non fiction, l'omicidio perpetrato dai due ai danni dei genitori José e Mary Louise Menendez, recentemente rievocato in forma fiction da Ryan Murphy e Ian Brennan In MOSTRI: La storia di Lyle ed Erik Menendez.

Da Magic Mike – L'ultimo ballo UN Re Tigre (entrambi del 2020) siamo ormai molto abituati sia ai continui viaggi temporali tra passato e presente dentro un doc (con lo scorrimento a destra e sinistra sulla barra inferiore orizzontale), sia alle cosiddette “chiamata a carico del destinatario” in cui chi chiama dal carcere è solitamente lì detenuto. Non fanno eccezione Erik e Lyle Menendez che dopo 30 anni tornano a parlare dell'omicidio dei genitori compiuto il 20 agosto 1989 (nulla di eclatante nelle loro nuove dichiarazioni), per cui scontano ancora la pena in galera.

È un buon documentario. Soprattutto Hartmann è stato bravo a far sentire il cambiamento di giudizio da parte dell'opinione pubblica americana, e non solo, dagli anni '90 in cui i due furono arrestati e si fece il processo (conclusosi nel 1996 dopo un secondo dibattimento) ai giorni nostri in cui tanti tiktoker si sono schierati a favore di Erik e Lyle per un ridimensionamento della pena. Al centro l'enigma che tutti conoscono dopo la serie tv: Erik e Lyle subirono entrambi violenze sessuali dal padre José dalla tenera infanzia fino ai giorni precedenti l'omicidio oppure quel tema fu una trovata del loro avvocato Leslie Abramson (si è rifiutata di partecipare al doc di Hartmann) per trattenere la giuria?

Gli showrunner Murphy e Brennan sono ambigui nella serie utilizzando vari punti di vista riguardo l'argomento. Qui nel doc le testimonianze durante il primo processo (fu trasmessa in diretta su Corte Tv) dei cugini Andy Cano e soprattutto Diana Vander Molène sono enfatizzate al punto giusto per far capire le intenzioni degli autori. Sono convinto che quel terribile omicidio nascondesse un movente non legato all'eredità, quanto piuttosto a quegli abusi che Lyle ed Erik decisero di vendicare in modo così orribile e raccapricciante in un'ottica di “legittima difesa imperfetta”. Cioè avevano paura che i genitori, per paura che diffondessero lo scandalo, li avrebbero fatti fatti fuori.

Dov'è la verità? Quella processuale la conosciamo già. Ribadiamo, al di là della maggiore chiarezza del punto dei vista dei realizzatori, qual è la qualità principale di questo documentario: spiega molto bene come Erik e Lyle vengono rivalutati dagli USA con il tempo. Il giudizio sui Fratelli Menendez, motteggiati inizialmente nello storico sketch del Sabato sera in direttasarebbe cambiato nella percezione del popolo americano dal 1990 a oggi anche grazie agli interventi di opinionisti come Oprah Winfrey.



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