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‘Cinema come causa di disturbi’, studio degli anni ’20 – Cinema – Ansa.it


“Il cinematografo nell'etiologia di malattie nervose e mentali soprattutto dell'età giovanile”: anche di questo si parlerà nel corso del 49° congresso della Società di Storia Internazionale della Medicina, al via oggi a Salerno. All'interno delle sessioni previste, infatti, verrà presentato – sabato 12 ottobre alle ore 12.15 al Teatro Augusteo – anche un interessante articolo rinvenuto nella biblioteca del manicomio di Nocera Inferiore e scritto dallo psichiatra Guglielmo Mondio. Lo studio fu pubblicato nel 1924 in una rivista stampata dal manicomio. A ritrovare questo testo, un gruppo di cinque archiviste libere professioniste che collaborano con la Fondazione Cerps. “Il prof. Mondio – spiega all'ANSA l'archivista Francesca Donato – aveva analizzato i comportamenti di dodici adolescenti – con contesti familiari spesso degradati – fatti internare principalmente su volere delle famiglie nel manicomio di Messina a causa di una presunta dipendenza dal cinema. Seppur non possiamo parlare di uno studio che ha una valenza scientifica conclamata in quanto manca una forte base statistica, è interessante l'oggetto dello studio Un secolo fa si parla di dipendenza dal cinema, visto come un nuovo mezzo di comunicazione ancora poco noto , e ora si parla di disturbare giovanili legati alla dipendenza da internet. Vi erano – ha aggiunto Donato – anche alcune ragazze che erano state rinchiuse per questa dipendenza dal cinema.


Sugli schermi confrontavano per la prima volta donne eroine, libere e senza pudori. Da qui, le ragazze che frequentavano il cinema iniziavano ad innamorarsi dei propri coetanei frequentatori dei medesimi luoghi e avevano comportamenti ritenuti libertini, mentre per i ragazzi, il professore Mondio parlava di devianze sessuali”.


In molti casi, già alla base – secondo quanto spiegano gli studiosi – oltre a contesti degradati ed estrazioni sociali difficili, vi erano padri alcolisti, madri neuropatiche o isteriche, fratelli epilettici o sorelle affette da nervosismo accentuato. Tra i ragazzi analizzati, tra i 10 ei 18 anni, vi era Francesco B. di 12 anni, visitato nel giugno del 1914.


Insieme ad alcuni suoi compagni di ginnasio, aveva iniziato a frequentare il cinema. “Si appartavano (…) – si legge nelle carte dello psichiatra – per ripetersi le scene, gli episodi, i drammi dell'ultimo spettacolo visto. Erano distratti durante le lezioni, non facevano i loro compiti assegnati”.


A luglio del '15, è la volta di due sorelle, Concetta e Laura, rispettivamente di 14 e 18 anni che andavano al “cinematografo per molte ore finché una sera sono state arrestate per comportamento e linguaggio osceni usati da entrambe in pubblico.


La maggiore delle sorelle venne alla mia osservazione perché affetta da nevrosi istero-epilettica e da sifilide”.


Nei casi di studio, l'unica ragazza più grande, era stata una certa Tilde, 20 anni, sposata da due, padre bevitore, uno zio paterno epilettico. Andando al cinema, aveva iniziato a frequentare un giovane finché il marito non se ne accorse.


“Avvenne che una sera – racconta lo stesso Mondio – il pubblico cinematografico ebbe la sorpresa e il panico di assistere ad una rivolverata tirata dal marito tradito contro il rivale. Mentre l'amante moriva all'ospedale e il marito restava chiuso in carcere, la Tilde entrava nel manicomio con tutta la solita fenomenologia: allucinazioni visive, confusione mentale, deliri erotici, agitazione, sitofonia ed insonnia”.


Per lo psichiatra, dunque, il cinematografo era visto come “la sorgente più vasta di gravissimi danni per la vita psichica dell'umanità in genere e per la sessuale degli adolescenti in specie”. Forse, invece, quei giovani gridavano solo libertà e non volevano accettare le ferree regole imposte da una società che comunque stava cambiando.

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