Economia Finanza

Banca mondiale, crescita Africa a +3% nel 2024. Per accelerarla serve riforma istruzione


L'economia subsahariana si sta riassestando dallo scivolone del Covid, ma resta incastrata in ritmi di crescita modesti. Per accelerarli, servirebbe una doppia spinta: la stabilizzazione dei sistemi economici e, soprattutto, una riforma dell'istruzione che fornisce alla «crescente forza lavoro regionale» le qualifiche e le esperienze richieste dal mercato in via di definizione negli oltre 50 Paesi del Continente.

È la diagnosi contenuta nell'ultima edizione di Africa Pulse, una pubblicazione bi-annuale della Banca mondiale sulle prospettive della regione subsahariana. L'istituto prevede una crescita del blocco al passo del +3% nel 2024, rivista al ribasso rispetto al 3,4% già ipotizzato, mentre si va verso un'espansione del 3,9% nel 2025 (in leggero aumento dal 3, 8% stimato in precedenza). La conversione si dovrebbe attenuare al 4,8% rispetto al 7,1% del 2023, grazie alla combinazione di strette monetarie, valute più stabili e minori frammentazioni nella catena di distribuzione.

Nel 2024, secondo i dati della Banca mondiale, il Pil pro capite arrancherà un tasso di crescita dello 0,5%, contro il 2,4% registrato nei media tra il 2000 e il 2014. Fra gli ostacoli più ingombranti citati dall'istituto di Washington compaiono conflitti, ricadute del cambiamento climatico e aumento dei costi di servizio del debito, un fardello sempre più pesante sulle finanze pubbliche del Continente. Sempre nell'anno in corso, i governi africani spenderanno in media il 34% delle proprie entrate nel saldo dei propri debiti, «lasciando poco spazio per investimenti produttivi». Inclusi quelli in formazione, una delle leve inespresse per la crescita economica.

Integrare nell'istruzione 170 milioni di bambini e adolescenti

Il titolo scelto per l'ultimo rapporto è già eloquente, «Transforming Education for Inclusive Growth» : trasformare, rinnovare l'istruzione per una crescita inclusiva.

Quella che langue ora nella regione, sospesa fra un'espansione nominale sempre in corsa e l'incapacità di tradurre il segno più in benefici e, appunto, l'inclusione di una forza lavoro alimentata dall'exploit demografico di un Continente che raddoppierà dagli 1 ,3 miliardi ai 2,5 miliardi nel 2050.



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