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Karate – Make It Fit


IO Karatè sono tornato. La band di Boston torna con un nuovo album dopo vent'anni di assenza (si fa per dire!) dai riflettori e dagli scaffali degli negozi di musica sia fisici che online. Il trio jazz-rock capitanato da Geoff Farina ha pubblicato oggi in formato vinile, cd, cassetta e digitale il loro settimo album in studio, “Make It Fit”, con la Numero Group, etichetta di Chicago ed ormai casa del cantante e chitarrista Farina. Il batterista Gavin McCarthy è l'unico che vive ancora a Boston mentre il bassista Jeff Goddard trascorre le sue giornate da qualche parte in Belgio.

Credito: Bandcamp

Per registrare l'album i tre si sono scambiati demo su demo registrati nei rispettivi studi di registrazione, incontrandosi periodicamente per provarle. Il 12 settembre Gavin McCarthy dalla propria pagina Instagram e su quella dei thebandkarate ci informava di come è stata registrata “Cannibals” e di come l'abbia imparata sulla voce e le note di Geoff Farina. Il trio costantemente si dava un appuntamento anche vivere per fare il punto della situazione. Fatto divertente: Farina ha ascoltato per la prima volta alcune nuove tracce di basso mentre la band si trovava in Islanda per alcune date.

Il virtuosismo del trio è ancora potente e vibrante e dopo una reunion nel 2022, in cui hanno suonato anche a Roma, a Villa Ada, sede storica del loro ultimo concerto live nel lontano 2002, hanno deciso che c'era ancora qualcosa da dire e qualche accordo da suonare.

Rendilo adatto” presenta i componenti del gruppo come sono oggi e come questi vent'anni di esperienze, emozioni e storie comuni tra gioie e frustrazioni, li abbia forgiati e traghettati fino ad aggi. Ad accompagnarli nella registrazione è un loro vecchio compagno di viaggio, Andy Hongche non aveva ancora finito di sistemare il suo nuovo studio a Nashville (rumors confermano che era tutto impacchettato e non collegato) che il trio ha bussato alla sua porta. In 24h detto, fatto. Pronti.

Il marchio di fabbrica del gruppo e di Geoff Farina negli accordi, come nelle liriche e nella voce, è nota e riconoscibile ai fan sin dall'inizio dell'album. Non c'è miglior biglietto da visita di “Defendants”, “Bleach the scene”, un blues-rock d'annata, e di “Cannibals” che lo stesso Farina dichiara come la traccia sia «emblematico dell'intero album».

“Ricordi candore e compassione? Oggi va di moda l’anomia e va di moda la follia” canta Geoff Farina in “Cannibals” che si interroga su quale deriva abbia preso la società, su quanto tutto sia dominato da una mancanza di valori e da persone poco credibili. Ritmo serrato e deciso per una delle tracce più belle del disco. Il jazzy-punk delle prime tre tracce lascia spazio alla distensione sonora di “Liminal”, che conferma quanto Farina sia andato alla ricerca delle radici della musica blues-rock e jazz americana.

L'album prosegue con “Rattle the Pipes”, un mio avviso un ideale e perfetto mix tra i Polizia, John Mayer e Joe Bonamassa“Fall to Grace” e “Around the Dial” che abbracciano il tempo passato di “Unsolved” e “Il brutto è nell’oceano”. “People Ain't Folk” e “Three Dollar Bill” seguono il flusso del blues-rock con quel tocco fusion e punky che pubblichiamo quanto sia difficile ed entusiasmante categorizzare i Karatè.

Stupiscono, sono imprevedibili e trasversali anche in “Make It Fit” e “Silence, Sound”, la traccia che chiude l'album è l'emblema della loro maestria e preparazione. Post-rock in potenza, gli accordi iniziali suonano come un un orologio che scandisce il tempo che è passato, che passa e che passerà e l'interpretazione vocale di Farina è lontanamente avvicinabile (l'avverbio è d'obbligo) al Gilmour di “Tempo”. Tutto è così limpido, etereo e non convenzionale. Una chiusura magistrale.

In vent'anni è cambiata la società, la tecnologia e quel modo di vivere che ci accomuna e differenzia come esseri umani. Le loro vite camminano hannoto in parallelo, intersecandosi ogni tanto per qualche registrazione e live session. Sono il frutto di un mondo che probabilmente vent'anni fa rendeva la musica non solo un prodotto da scartare, mangiare e digerire rapidamente per poi scordarne il sapore, ma più come un processo evolutivo e creativo in cui il confronto tra i componenti della band si consolidava e permetteva la produzione musicale. “Make it Fit” ne è il degno risultato.

Ma ora silenzio, musica!





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