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James Bay – Changes All The Time


Quarto album in studio per il trentaquattrenne artista inglese James Baiaquarto album in studio in cui il cantante britannico abbandona ogni forma di pretenziosità anima-barocca per abbracciare una formula pop-rock semplice ma onesta. Già, perché “Changes All The Time” è un disco completamente immerso nel mainstream più patinato – non che in precedenza il caro vecchio Giacomo fosse un incallito indie-rocker – e che spazia su più fronti sonori (uscendo, talvolta, dalla comfort-zone del gospel e del folk), catapultando, chi ascolta, in atmosfere dannatamente evocative e condite da un retrogusto epico che ben si sposa con il campionario musicale del Nostro.

Credito: stampa

In parole povere, Baia ha deciso di virare verso totem che risponderanno ai nomi di Brandon Fiori (non a caso autore della splendida “Easy Distraction”) e Fred MacPherson (leader indiscusso dei sempre ottimi Spettro), disegnando traiettorie e scenari quasi inaspettati. Non solista. In alcune tracce, infatti, il talentuoso musicista dell'Hertfordshire sembra quasi rifarsi agli ultimi lavori di Sam Fender (ascoltare “Cuore senza speranza”, per credere). E cosa dire di pezzi quali “Everburn” o lo stesso “Dogfight”, se non che si tratta di tracce che mettono in evidenza tutta la creatività compositiva del cantautore inglese?

Certo, come per ogni disco che si rispetti, anche “Changes All The Time” ha i suoi momenti di stanca. Si tratta di quei frangenti in cui il buon Giacomo prova a giocare in territori decisamente più confortevoli e, per questo, alquanto banalotti (“Limite di velocità”, “Alcune persone”). Nel complesso, però, l'opera nuova dell'autore di “Hold Back The River” (che pezzone, ricordate?) scorre via con estrema piacevolezza, scandagliando ogni possibile sfumatura pop e travestendosi di lucida sobrietà.

Per chi scrive, il brano migliore del lotto è senza ombra di dubbio l'iniziale “Up All Night”, realizzato insieme ai I Lumineers e al cantautore statunitense Noè Kahan. Un brano solo apparentemente facile e che invece cela un significato maledettamente pronfondo. “Changes All The Time”, in pratica, è il lavoro più significativo della discografia di James Baia. Sia chiaro, non si tratta del disco del decennio – e neanche dell'anno, naturalmente – ma di una squintalata di tracce curate con seria religiosità musicale. Traduzione in soldini, Baia è ritornato sul proscenio del regno delle sette note con un album oltremodo convincente e che si eleva oltre la mera sufficienza.

Oro che coladi questi tempi.



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