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Dilexit nos. Un’enciclica sull’amore che fa bene al cuore



In un mondo in cui «tutto si compra e si paga, e sembra che il senso stesso della dignità dipenda da cose che si acquisiscono con il potere del denaro» e in cui «siamo spinti solo ad accumulare, consumare e distrarci, imprigionati da un sistema degradante che non ci permette di guardare oltre i nostri bisogni immediati e meschini» il Papa irrompe con un messaggio di speranza. Con la sua enciclica “Dilexit no” sull'amore umano e divino del Cuore di Gesù Cristo ricorda che quell'amore «è fuori da questo ingranaggio perverso e Lui solo può liberarci da questa febbre in cui non c'è più spazio per un amore gratuito. Egli è in grado di dare un cuore a questa terra e di reinventare l'amore laddove considera che la capacità di amare sia morta per sempre». Annuncio di Attinge Heidegger ea Giovanni Paolo II, un babbo natale Margherita e Virgilio, al Dante della Vita Nova riprendendone i versi «Io dico che pensando il suo valore Amor sì dolce mi si fa sentire, che s'io allora non perdessi ardire, farei parlando innamorar la gente», per ripetere 272 volte la parole «amore» e 463 quella «cuore» .

È l'enciclica, presentata in sala stampa vaticana da sorella Antonella Fraccaro e dal teologo Bruno Forte, di un innamorato di Dio e dell'umanità quella che Francesco consegna al mondo per dire a tutti che sì, «Dio ci ha amati» e continua a farlo nonostante tutti i nostri errori. La quarta di papa Bergoglio (ma la prima, Lumen fidei, del 29 giugno 2013, era stata già quasi completamente scritta da Benedetto XVI), completa il cerchio con la Laudato sì del 24 maggio 2015 e con Fratelli tutti del 3 ottobre 2020. Le richiama espressamente, nel numero 217, scrivendo che «ciò che questo documento esprime ci permette di scoprire che quanto è scritto nelle Encicliche sociali Laudato si' e Fratelli tutti non incontro è estraneo al nostro con l'amore di Gesù Cristo, perché, abbeverandoci a questo amore, diventiamo capaci di tessere legami fraternidi riconoscere la dignità di ogni essere umano e di prenderci cura insieme della nostra casa comune».

Riprendendo i temi a lui cari, ripercorrendo le Sacre Scritture e il culto che si è sviluppato sul Sacro Cuore e, soprattutto, in vista dell'appuntamento giubilare il Pontefice, nel documento, invita a riflettere sull'importanza dell'amore e della speranza. Su quanto conti essere solidale nel tempo di oggi. Ci ricorda che bisogna costruire un mondo più giusto e fraterno contando sul dialogo e la collaborazione anche con le altre religioni e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Per affrontare insieme le sfide mondiali, dalla povertà alla crisi ambientale alle crescenti diseguaglianze.

Prendendo spunto dal 350° anniversario della prima manifestazione del Sacro Cuore di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque, che ha aperto un anno dedicato al Sacro cuore che si concluderà il 27 giugno del 2025, l'enciclica sottolinea che «per esprimere l'amore di Gesù si usa spesso il simbolo del cuore. Alcuni si domandano se esso abbia un significato tuttora valido. Ma quando siamo tentati di navigare in superficie, di vivere di corsa senza sapere alla fine perché, di diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato a cui non interessa il senso della nostra esistenza, abbiamo bisogno di recuperare l'importanza del cuore». Di più, abbiamo bisogno di fare i conti con noi stessi, di guardarci dentro senza finzioni. «La mera apparenza, la dissimulazione e l'inganno danneggiano e pervertono il cuore. Al di là dei tanti tentativi di mostrare o esprimere qualcosa che non siamo, tutto si gioca nel cuore: lì non conta ciò che si mostra all'esterno o ciò che si nasconde, lì siamo noi stessi. E questa è la base di qualsiasi progetto solido per la nostra vita, poiché niente di valido si può costruire senza il cuore. Le apparenze e le bugie offrono solo il vuoto», scrive Francesco. E fa ricorso a un aneddoto della sua infanzia della nonna che, per carnevale, friggeva le frittelle che, da pasta sottile, si gonfiavano nella padella, ma poi, mangiandole erano vuote. «Quelle frittelle in dialetto si chiamavano “bugie”. Ed era proprio la nonna che ci spiegava il motivo: “Queste frittelle sono come le bugie, sembrano grandi, ma non hanno niente dentro, non c'è niente di vero, non c'è niente di sostanza”».

Con l'enciclica il Papa vuole invece riportarci alla sostanza più vera, a quell'amore di Gesù di cui hanno fatto esperienza non solo santa Margherita, ma Santa Teresa del Bambin Gesù, Madre Teresa di Calcutta, Charles De Foucauld, Santa Faustina Kowalska, Ignazio di Loyola…

Non è un amore astratto, ma fatto di concretezza, come precisa l'enciclica nel secondo dei cinque capitoli dell'enciclica, quello dedicato ai «Gesti e parole d'amore». L'incontro con Nicodemo, con la prostituta, con il cieco natoci spiegano chi è Gesù, come si avvicina a noi e come noi dobbiamo rapportarci agli altri. «Guardandolo agire possiamo scoprire come tratta ciascuno di noi, anche se facciamo fatica a percepirlo», scrive il Papa. E invita: «Andiamo allora a guardare lì dove la nostra fede può riconoscerlo: nel Vangelo». Scopriremo allora che crediamo in un Dio che ci tende la mano, anche se non ci fidiamo dopo tanti tradimenti e ferite. «Possiamo dubitare di tante persone, ma non di Lui», ci dice il Papa. «E non fermarti», continua, «a causa dei tuoi peccati. Ricordati che molti peccatori “se ne stavano a tavola con Gesù” (Mt 9,10) e Lui non si scandalizzava di nessuno di loro. Gli elitari della religione si lamentavano e lo trattavano come “un mangione e un beone, amico di pubblicani e peccatori” (Mt 11,19). Quando i farisei criticavano questa sua vicinanza alle persone considerate di bassa condizione o peccatrici, Gesù diceva loro: “Misericordia io voglio e non sacrificare” (Mt 9,13)».

Un intero paragrafo poi, il numero 20, è dedicato al'intelligenza artificiale per dire che, «per salvare l'umano sono necessari la poesia e l'amore. Ciò che nessun algoritmo potrà mai alloggiare sarà, ad esempio, quel momento dell'infanzia che si ricorda con tenerezza e che, malgrado il passare degli anni, continua a succedere in ogni angolo del pianeta». Fa esempi familiari il Papa, «Penso all'uso della forchetta per sigillare i bordi di quei panzerotti fatti in casa con le nostre mamme o nonne. È quel momento di apprendistato culinario, a metà strada tra il gioco e l'età adulta, in cui si assume la responsabilità del lavoro per aiutare l'altro. Come questo della forchetta, potrei citare migliaia di piccoli dettagli che compongono le biografie di tutti: far sbocciare sorrisi con una battuta, tracciare un disegno al controluce di una finestra, giocare la prima partita di calcio con un pallone di pezza, conservare dei vermetti in una scatola di scarpe, seccare un fiore tra le pagine di un libro, prendersi cura di un uccellino caduto dal nido, esprimere un desiderio sfogliando una margherita. Tutti questi piccoli dettagli, l'ordinario-straordinario, non potranno mai stare tra gli algoritmi. Perché la forchetta, le battute, la finestra, la palla, la scatola di scarpe, il libro, l'uccellino, il fiore… si appoggiano sulla tenerezza che si conserva nei ricordi del cuore».

Una enciclica da leggere d'un fiato e poi da continuare a meditare. Fino all'orazione finale: «Prego il Signore Gesù che dal suo Cuore santo scorrano per tutti noi fiumi di acqua viva per guarire le ferite che ci infliggiamo, per rafforzare la nostra capacità di amare e servireper spingerci a imparare a camminare insieme verso un mondo giusto, solidale e fraterno. Questo fino a quando celebreremo felicemente uniti il ​​banchetto del Regno celeste. Lì ci sarà Cristo risorto, che armonizzerà tutte le nostre differenze con la luce che sgorga incessantemente dal suo Cuore aperto. Che sia sempre benedetto!».





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