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Avetrana e l’omicidio di Sarah, ecco com’è andata davvero


Dopo Sarah. La ragazza di Avetrana, la docu-serie andata in onda su Sky tre anni fa sul delitto di Sarah Scazzi avvenuto nel 2010 ad Avetrana, in provincia di Taranto, arriva una nuova serie su Disney+ dal 25 ottobre – ma ora stoppata dal tribunale di Taranto dopo un ricorso urgente del sindaco della cittadina – intitolata Avetrana – Qui non è Hollywood che racconta in quattro episodi l’omicidio e la risonanza mediatica che l’accompagnarono.

Si tratta di un racconto a più voci con il punto di vista di ognuno dei protagonisti della storia: Sarah, la vittima, Sabrina Misseri, Michele Misseri e Cosima Serrano.

Diretta molto bene dal regista Pippo Mezzapesa, che ne ha scritto anche la sceneggiatura insieme ad Antonella W. Gaeta, Davide Serino, Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni, la serie è prodotta da Matteo Rovere ed è basata sul libro Sarah la ragazza di Avetrana, scritto da Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni ed edito da Fandango Libri nel 2020.

GLI ATTORI E LE RIPRESE – Gli attori sono Vanessa Scalera, incredibilmente realistica nel ruolo di Cosima Misseri, Paolo De Vita in quello di Michele Misseri, Giulia Perulli nei panni di Sabrina Misseri, Imma Villa in quelli di Concetta Serrano, Federica Pala nel ruolo di Sarah Scazzi; Anna Ferzetti è invece la giornalista Daniela, Giancarlo Commare è Ivano Russo e Antonio Gerardi interpreta il maresciallo Persichella. La serie, per evitare polemiche e in segno di rispetto per la cittadina pugliese, è stata girata nelle vicine Torricella e Lizzano.

IL RACCONTO – L’obiettivo della serie – e anche il suo grosso merito – non è quello di avanzare o suggerire una tesa giudiziaria alternativa alle sentenze passate in giudicato e ribaltare così i fatti ma, nel ricostruire il caso criminale in assoluta coerenza con le sentenze dei tre gradi di giudizio, si sofferma anche su quello mediatico che il critico Aldo Grasso ha definito «una delle pagine più oscure della tv italiana, il primo reality show collettivo dell’orrore, cui molte trasmissioni hanno alacremente collaborato».

Un corto circuito tra aule di giustizia e salotti televisivi alimentato abilmente anche dai protagonisti della vicenda finiti a processo e poi condannati e che, in parte, continua ancora oggi con Michele Misseri che, dopo aver scontato la pena, si autoaccusa del delitto. Il tono del racconto non è scandaloso ma mette l’accento sul fatto che i protagonisti si muovevano con tv e giornali come personaggi e non come protagonisti di una tragedia vera e cerca di penetrare sulle dinamiche interne della famiglia Misseri tra silenzi e rancori antichi e mai sopiti.

Non è un caso che, attingendo al tono del grottesco, che Mezzapesa sa maneggiare benissimo senza mai cadere nella trappola della volgarità o della trivialità, la serie si apra con un pullman di turisti-visitatori che arriva ad Avetrana per osservare da vicino e farsi un selfie sui luoghi del delitto: la villetta di via Deledda dove secondo i giudici è avvenuto l’omicidio, la fossa, nelle campagne tra Nardò e Avetrana dove è stato fatto ritrovare il cadavere di Sarah da Michele Misseri e, infine, la casa dove la quindicenne abitava insieme alla madre Concetta Serrano Spagnolo che in una battuta della serie, dopo l’arresto di Sabrina, dice alla sorella Cosima: «Non puoi non sapere cosa è successo in questa casa. Tu sei questa casa».

Il pullman di turisti dell’orrore non è un’esagerazione della fiction ma quello che è accaduto realmente ad Avetrana dove in qui mesi arrivavano centinaia di migliaia di persone per fotografare la villetta del delitto sulla quale, ancora oggi, per impedire la visuale dall’esterno, c’è un enorme telo verde e una telecamera per la videosorveglianza. La serie scandaglia tutto quello che è accaduto: il voyeurismo dei media, interviste vendute, presunti veggenti che dicevano di “vedere” la ragazza scomparsa per apparire in tv, balconi affittati «perché da qui la villetta dove è stata uccisa si vede benissimo».

IL TITOLO – La scritta “Qui non è Hollywood” comparve su un muro del paese invaso dalle televisioni e dai cronisti. Successivamente, è stata cancellata. Nella fiction è stata ricreata ad hoc. «Mentre il circo televisivo aveva aperto le gabbie, con fotografi appostati, pullman e riflettori accesi, qualcuno scrisse su un muro: “Qui non è Hollywood”. Ed è da qui che siamo partiti per il nostro racconto», ha detto il regista Mezzapesa al Venerdì di Repubblica.




LA PROTESTA DEL SINDACO – Il nome della città nel titolo delle serie non è piaciuto al sindaco Antonio Iazzi che ha presentato un ricorso d’urgenza al tribunale di Taranto che lo ha accolto e il 23 ottobre ha emanato, attraverso il giudice della sezione civile Antonio Attanasio, un provvedimento di sospensione cautelare della messa in onda della serie, prevista per il 25. Il primo cittadino aveva chiesto «la rettifica della denominazione» della serie tv e la sua «sospensione immediata». Nell’annunciare il ricorso, Iazzi ha detto che la comunità avetranese «ha da sempre cercato di allontanare da sé i tanti pregiudizi dettati dall’omicidio, dal momento che la tragedia destò sgomento nella collettività, interessata da una imponente risonanza mediatica».

I legali del Comune avevano sollecitato la sospensione della messa in onda della serie perché a loro giudizio risultava «indispensabile visionarla in anteprima al fine di appurare se l’associazione del nome della cittadina all’adattamento cinematografico susciti una portata diffamatoria rappresentandola quale comunità ignorante, retrograda, omertosa, eventualmente dedita alla commissione di crimini efferati di tale portata, contrariamente alla realtà». Dopo l’accoglimento del ricorso il sindaco ha commentato che «l’Autorità giudiziaria si è mostrata sensibile al pregiudizio che potrebbe patire la comunità avetranese, in virtù della denominazione della serie tv, sulla scorta del fatto che tale intitolazione potrebbe indurre gli utenti del prodotto cinematografico ad associare la città di Avetrana alla vicenda di cronaca nera, suscitando negli stessi l’idea di una comunità potenzialmente criminogena, retrograda ed omertosa». La Disney ha annunciato il rinvio della messa in onda anche se, hanno spiegato, «non concordiamo con la decisione del Tribunale e faremo valere le proprie ragioni nelle sedi competenti».

LA SCOMPARSA – La vicenda comincia il 26 agosto 2010 quando la 15enne Sarah Scazzi esce di casa nel primo pomeriggio con in mano il telefonino e le cuffiette alle orecchie per ascoltare musica. Deve raggiungere la casa della cugina (e migliore amica) Sabrina, più grande di lei di alcuni anni (ne ha 22), a poche centinaia di metri da casa sua, per andare al mare sulla costa jonico-salentina insieme a un’altra ragazza, Mariangela Spagnoletti che deve passare a prenderle in auto da casa di Sabrina. Di Sarah si perdono però le tracce e il caso, dopo qualche giorno, arriva sui media nazionali come un caso di scomparsa con la quindicenne che sembra inghiottita nel nulla. Si scandaglia la vita privata, le relazioni, le amicizie, si adombrano sospetti sul padre di Sarah, Giacomo, che vive a lavora al Nord con l’altro figlio, Claudio. Iniziano le ricerche e si susseguono appelli, mentre l’attenzione mediatica cresce, fino a quando il 29 settembre Michele Misseri, zio di Sarah e padre di Sabrina, mette in scena il casuale ritrovamento del telefonino di Sarah che lui dice di aver scoperto bruciacchiato, con la scheda ma senza batteria, tra le stoppie, mentre lavorava in campagna.

LA CONFESSIONE DI MISSERI – Durante un drammatico interrogatorio Michele Misseri crolla e confessa. Dice di essere stato lui ad uccidere la nipote, strangolandola nel garage di via Deledda dopo il rifiuto delle sue avances sessuali. Racconta anche di averla sepolta in un pozzo in contrada “Mosca” sulla strada per Nardò, dove il cadavere viene recuperato poche ore dopo. L’uomo viene arrestato. Negli stessi minuti in tv a Chi l’ha visto? va in onda il dramma della madre di Sarah, Concetta Serrano Spagnolo, la quale mentre si trova ospite in diretta proprio da casa Misseri per l’ennesimo appello, riceve la notizia in diretta della confessione del cognato e del ritrovamento del corpo della figlia.



In senso orario, dall’alto: le troupe televisive ad Avetrana, i genitori di Sarah Scazzi, Giacomo e Concetta Serrano durante i funerali della figlia, Cosimo Misseri durante un’ìintervista nel 2010 e alcuni curiosi che sbirciano dentro la villetta del delitto (foto Ansa)

LA SVOLTA – Il 15 ottobre arriva la prima svolta. Michele Misseri chiama in causa la figlia Sabrina dicendo che insieme hanno concordato di dare una “lezione” a Sarah per le voci messe in giro sulle presunte molestie dello zio, poi sfociata nell’omicidio. La cugina l’avrebbe condotta in garage e tenuta per le spalle mentre il padre la strangolava. Nel pomeriggio Sabrina viene interrogata nella caserma dei carabinieri di Manduria e scatta il fermo per concorso in omicidio e viene trasferita in carcere.

LE VERSIONI DI MISSERI – Michele Misseri continua a cambiare versione sull’omicidio. Prima riferisce che è stata la figlia, da sola, a uccidere la cugina mentre lui si sarebbe occupato solo di nascondere il corpo nel pozzo. Poi si proclama unico responsabile. Da qui ad agosto 2011 arriverà a fornire fino a sette versioni diverse. Per i giudici, che continuano a indagare, è inattendibile. Durante il dibattimento di primo grado, il medico legale Luigi Strada esporrà la sua perizia: «Sarah fu strangolata con una cintura larga circa due centimetri e mezzo che ha lasciato un solco sul collo. La morte sopraggiunse in due-tre minuti per asfissia». Il medico sconfessa la versione dell’omicidio fornita da Misseri e sembra escludere la sua colpevolezza nell’assassinio. Ogni novità giudiziaria è seguita passo passo e raccontata dai media con interviste, focus, approfondimenti di esperti. La città è letteralmente invasa da cronisti e troupe televisive di tutte le maggiori reti nazionali che si collegano quotidianamente da Avetrana per documentare e commentare quello che accade.

L’ARRESTO DI COSIMA – Il 26 maggio 2011 Cosima Serrano, madre di Sabrina e zia di Sarah, viene arrestata dai carabinieri per concorso in omicidio oltre che in soppressione di cadavere insieme alla figlia Sabrina, alla quale viene notificata in carcere un’altra ordinanza di custodia cautelare. Per il gip, che non accetta per le due donne l’accusa di sequestro di persona configurata dai pm, l’omicidio è avvenuto nella casa di via Deledda dove Sarah era arrivata per andare al mare con la cugina Sabrina. Pochi giorni dopo, il 30 maggio, Michele Misseri viene scarcerato e torna a casa con l’altra figlia, Valentina, che vive a Roma ed è del tutto estranea ai fatti. Appena rientrato, Misseri rilascia un’intervista in cui mima le fasi dell’omicidio e se ne assume tutte le responsabilità.

IL PROCESSO – Dopo un anno la Procura conclude le indagini e il 29 luglio 2011 chiede il rinvio a giudizio per 13 indagati. Cosima e Sabrina Misseri sono accusate di concorso in omicidio e sequestro di persona; Michele Misseri di soppressione del cadavere insieme al fratello Carmine e al nipote Cosimo Cosma. Il 10 gennaio 2012 inizia il dibattimento davanti alla Corte d’Assise di Taranto.



Una scena della serie con Federica Pala, che interpreta Sarah Scazzi, e Giulia Perulli nei panni di Sabrina Misseri (foto Lorenzo Pesce)

IL MOVENTE – In aula viene svelato un autoscatto che Sarah inviò a Ivano prima di morire. Per l’accusa la foto proverebbe il movente dell’assassinio, ovvero la gelosia di Sabrina nei confronti della cugina, che aveva attirato l’attenzione di Ivano Russo, che Sabrina voleva come fidanzato e di cui era, più che innamorata, quasi ossessionata. Nell’udienza del 31 gennaio durante la sua deposizione in aula, Ivano Russo descrive il rapporto che aveva con Sarah e con Sabrina: «Sarah mi vedeva come una figura paterna. Ogni tanto ci abbracciavamo». Mentre con Sabrina il rapporto era confidenziale: «Ad un certo punto però vidi da parte sua atteggiamenti ambigui, complimenti che andavano oltre. Pochi giorni prima che Sarah morisse ho deciso di troncare il rapporto perché non mi convinceva». Nel primo episodio della serie l’atteggiamento di gelosia di Sabrina nei confronti della cugina a causa di Ivano viene raccontato in maniera asciutta ed essenziale.

LE CONDANNE – Il 20 aprile 2013 la Corte d’Assiste di Taranto condanna all’ergastolo Sabrina Misseri e Cosima Serrano per l’omicidio di Sarah. La pena prevede anche l’isolamento diurno per entrambe nei primi sei mesi di carcere. Michele Misseri invece viene condannato a 8 anni per concorso in soppressione di cadavere, assieme a Carmine Misseri e Cosimo Cosma, rispettivamente fratello e nipote dell’uomo. Il 16 novembre 2014 inizia a Taranto il processo d’appello. Durante la prima udienza viene stabilito che le due imputate, Sabrina e Cosima, debbano rimanere in carcere per tutta la durata del dibattimento nel quale Michele Misseri continua ad accusarsi dell’omicidio e ribadisce che sua moglie e sua figlia non c’entrano nulla. Nessuno gli crede anche se continua a dire di aver ucciso la nipote da solo. Dice di soffrire per la moglie e la figlia in carcere ingiustamente a suo dire. Il processo d’appello si conclude il 27 luglio 2015 con la stessa condanna – ergastolo – inflitta già in primo grado nei confronti di Sabrina e Cosima. Viene confermata anche la condanna a 8 anni di reclusione per Michele Misseri per soppressione di cadavere.

LA CASSAZIONE – Nel febbraio 2017 a pronunciare la parola fine, dal punto di vista giudiziario, dopo quasi sette anni dai fatti, è la Corte di Cassazione che conferma gli ergastoli inflitti in primo e secondo grado alle due donne. Per la giustizia italiana, dunque, sono state Sabrina e Cosima Misseri a uccidere Sarah Scazzi il pomeriggio del 26 agosto 2010 ad Avetrana e a nasconderne il cadavere con l’aiuto di Michele Misseri, padre di Sabrina e marito di Cosima, condannato a otto anni per il solo reato di soppressione di cadavere. Nelle motivazioni della sentenza la Suprema Corte, nel confermare l’ergastolo, parla di «fredda pianificazione d’una strategia finalizzata, attraverso comportamenti spregiudicati, obliqui e fuorvianti, al conseguimento dell’impunità». Sabrina, sempre secondo la sentenza, deviò le investigazioni verso «piste fasulle» e «strumentalizzando i media».

FINE PENA PER MICHELE MISSERI – Dopo sette anni dalla sentenza della Cassazione e quasi quattordici dal delitto, Michele Misseri lascia il carcere di Lecce. All’accusa principale, quella di occultamento di cadavere, si è aggiunta quella per il reato di diffamazione nei confronti della consulente Roberta Bruzzone e del suo ex avvocato Daniele Galloppa. Misseri ha ottenuto uno sconto complessivo della pena di oltre 600 giorni: 585 grazie alle riduzioni che scattano ogni semestre per la buona condotta e oltre 100 per gli effetti della legge “Svuota carceri”. Secondo un reclamo dello scorso anno del suo difensore per le precarie condizioni di vivibilità nella struttura penitenziaria con una cella di 3 metri quadrati in cui non c’erano né la doccia né acqua calda, al di sotto degli standard della Convenzione Europea dei Diritti umani. Misseri, che in carcere ha tenuto una condotta esemplare e partecipato ad attività, torna nella villetta di via Grazia Deledda, ad Avetrana, dove, pare, non sia più tornato a vivere. In un’intervista a La Stampa dell’8 ottobre scorso, l’uomo ha dichiarato di aver ucciso Sarah dopo aver tentato un approccio sessuale. La stessa ammissione di colpa l’ha fatta anche nella intervista a Le Iene del 15 ottobre.



A sinistra, Cosima Serrano, moglie di Michele Misseri, condannata all’ergastolo insieme a sua figlia Sabrina. A destra, l’attrice Vanessa Scalera che la interpreta nella serie





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