La classifica di tutti i film di Paolo Sorrentino dal peggiore al migliore – Badtaste
Contro Partenope in sala è tempo di bilanci su Paolo Sorrentino, la cui filmografia importantissima arriva oggi alla cifra tonda di dieci film – undici se contiamo Loro come due opere diverse. Ci siamo dedicati a riscoprire il suo lavoro, dai film più famosi e celebrati ai meno ricordati, con l'obiettivo di rispondere alla domanda: quali sono i migliori? Ecco la nostra (personalissima) classifica dei film di Sorrentino.
10 – GIOVENTÙ (2015)
Il film in cui Sorrentino prende finalmente di petto uno dei suoi temi cardine – la giovinezza e il rimpianto per la sua inesorabile scomparsa – è anche quello in cui il suo stile si scompone, gira a vuoto e risulta davvero pretenzioso come vogliono i suoi critici. Per chi odia i “sorrentinismi” più surreali e grotteschi Gioventù è l'esempio massimo di quel che non va nel suo cinema. E almeno in questo caso è difficile dargli torto.
9 – QUESTO DEVE ESSERE IL POSTO (2011)
Nascosta fra Napoli, Roma e le sue esplorazioni dell'italianità nel cinema di Sorrentino c'è sempre stata anche l'America. Forte del successo del Divo arriva la prima esperienza internazionale, storia di una rockstar di mezza età truccata come Robert Smith (Sean Penn) che parte per ritrovare le sue radici. Un film di strada quasi wendersiano sugli Usa visti da un europeo, con lo sguardo surreale di Sorrentino che trova pane per i suoi denti in un pistacchio gigante o in un estimatore delle 44 Magnum in un negozio di armi. Una strana sintesi dell'indie americano, dei riferimenti musicali di Sorrentino e della sua ricerca (più malinconica che altrove) della giovinezza perduta. Ha il suo fascino, anche se tutta questa materia rischia a tratti di diventare dispersiva.
8 – È STATA LA MANO DI DIO (2021)
Il penultimo film di Sorrentino è quello che più strettamente dialoga con Partenope (come ritratto di Napoli) e La grande bellezza (come prodotto della sua vena Felliniana); un Amarcord dolceamaro dove l'autore racconta finalmente in modo diretto la vicenda segnante della morte dei genitori, compenetrandola con un omaggio a cuore aperto alla sua città. Nella prima parte – la migliore – Sorrentino arriva più vicino che mai a girare una vera e propria commedia, tanto brillante quanto commovente. Nella seconda prende il sopravvento la sua vena predicatoria e la scrittura scricchiola non poco. È il suo film più “normale”, cosa che lo rende un buon punto d'accesso alla sua filmografia ma contemporaneamente lo limita un po' rispetto alle opere migliori.
7 – L'AMICO DI FAMIGLIA (2006)
“Il mio ultimo pensiero sarà per voi..”. È forse l'episodio dimenticato della filmografia sorrentiniana. Ma questo dramma torbido, non provo di ironia e fantasia postmoderna (il cowboy di Fabrizio Bentivoglio) merita una riscoperta, anche solo perché il suo ritratto vampiro di un'Italia basata sul clientelismo e il ricatto mafioso sembra la prova generale di quello che il regista farà due anni dopo con Il divo. Allo stesso modo Geremia de' Geremei, protagonista-demonio ma a suo modo filosofo e in cerca d'amore, sarà matrice di tante figure (soprattutto politiche) del cinema di Sorrentino.
6 – L'UOMO IN PIU' (2021)
Antonio Pisapia (calciatore in pensione) e Tony Pisapia (cantante in disgrazia) vivono vite parallele nell'Italia euforica e malinconica degli anni '80. Lo schema narrativo è un po' più esibito che in futuro, ma a parte questo Sorrentino è già tutto qui; in un esordio quasi folgorante, che ne mette in mostra perfettamente il virtuosismo visivo, l'abilità di osservatore “antropologico” del paese, ma anche i punti deboli come la verbosità a tratti fastidiosa. Non manca niente, compresa la prima di molte grandi interpretazioni di Toni Servillo e un poster dei Talking Heads appeso al muro di una cameretta.
5 – LORO (2020)
La prima mezz'ora con Berlusconi assente, raccontato per indirettezza tramite l'attesa quasi messianica del personaggio di Riccardo Scamarcio e delle sue aspiranti “olgettine”, potrebbe essere il miglior pezzo di cinema che Sorrentino abbia mai girato. Il suo stile non è mai stato così debordante e ispirato, capace di sintonizzarsi sulla grandezza decadente ei tic della Seconda Repubblica. Peccato che il racconto si sfilacci proprio quando entra in scena Lui, scivolando in un passo magmatico e scomposto che riserva momenti illuminanti, ma che ritrova solo a tratti la chiarezza di visione di quell'incipit.
4 – PARTENOPE (2024)
Siamo tra i sostenitori dell'ultimo film di Sorrentino, in sala proprio in questi giorni. Il regista napoletano è quasi sempre al suo meglio quando “scrive” con le immagini (folgoranti) più che coi dialoghi (tronfi e sovrabbondanti). Partenope è un film quasi tutto visivo, un controcanto a È stata la mano di Dio in cui il viaggio dentro Napoli si fa immersione stupefatta ed vocazione sensoriale di un mondo. Le scene iniziali sui Faraglioni o quelle nei Quartieri spagnoli sono tra i pezzi di bravura del suo repertorio. È anche un film chiave per capire le ambizioni “antropologiche” del cinema di Sorrentino, nonché un tentativo (per quanto riuscito solo in parte) di uscire da certi limiti della rappresentazione femminile nei suoi film.
3 – LE CONSEGUENZE DELL'AMORE (2004)
Il film più “citabile” di Sorrentino, amatissimo dai suoi estimatori. Controllato e quasi freddo nello stile (in contrasto con l'eccessività generosa di praticamente tutti gli altri) è il film dove trova realizzazione la vena intima del Sorrentino paroliere, romanziere, diarista, aforista. Titta Di Girolamo è l'avatar in cui riversare le sue ambizioni di piccolo Proust/Céline, protagonista di un racconto interiore che però – nella sua crudeltà – non chiude mai quel canale di comunicazione che lega il cinema di Sorrentino al racconto dell'Italia contemporanea .
2 – LA GRANDE BELLEZZA (2012)
Se il titolo di sua opera migliore appartiene forse al prossimo film in lista, quello che lo incorono con l'oscar al miglior film straniero è probabilmente “il” film sorrentiniano per eccellenza, quello da vedere se si vuole un saggio perfetto del Sorrentino-pensiero . La fantasia sfrenata (che non può non ricordare Fellini) è al suo apice, la sintonia coi fidi Toni Servillo e Luca Bigazzi anche. Jep Gambardella è l'unico personaggio degli ultimi venti anni ad essersi imposto come icona nazionale alla pari dei classici del cinema italiano. Potrà spiacere, risultare odioso, ma non si può negargli la capacità di incarnare languori e nevrosi del mondo decadente che abita come un fantasma.
1 – IL DIVO (2008)
Nosferatu nei palazzi del potere. La verità che è la fine del mondo e il Male fatto per perpetuare il Bene. A quasi venti anni dall'uscita Il divo resta il capolavoro di Paolo Sorrentino, il film in cui le qualità formali del suo cinema si sposano con una scrittura di perfetta e crudele ironia, aggredendo gli Anni di piombo con ferocia postmoderna e trovando nel loro protagonista Andreotti uno specchio deformato del paese. Uno dei film italiani più importanti del nuovo millennio.