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Donne, bambini, poveri, laici. Il Sinodo fa camminare il popolo di Dio



Un documento in cinque parti che mette tutti d'accordo quando recita, al numero 1, che «Ogni nuovo passo nella vita della Chiesa è un ritorno alla sorgente, un'esperienza rinnovata dell'incontro con il Risorto che i discepoli hanno vissuto nel Cenacolo la sera di Pasqua. Come loro anche noi, partecipando a questa Assemblea sinodale, ci siamo sentiti avvolti dalla Sua misericordia e toccati dalla Sua bellezza. Vivendo la conversazione nello Spirito, in ascolto gli uni degli altri, abbiamo percepito la Sua presenza in mezzo a noi: la presenza di Colui che, donando lo Spirito Santo, continua a suscitare nel Suo Popolo una unità che è armonia delle differenze».

«Non è stata», spiega in conferenza stampa il cardinale Jean Claude Hollerich, relatore generale al Sinodo dei Vescovi, «una battaglia tra conservatori e liberali», ma tutti hanno proseguito nel cammino intrapreso già qualche anno fa per valorizzare le differenze mantenendo l' unità.

Otto paragrafi approvati all'unanimità e alcuni più controversi. Come il numero 60 che è stato approvato con 258 voti a favore e 97 contrari. E anche se qualcuno dice che, in realtà, hanno votato contro persino alcuni partecipanti che volevano un passo più deciso, resta comunque una novità quella che vede il riconoscimento che, sebbene «in forza del Battesimo, uomini e donne godono di pari dignità nel Popolo di Dio», «le donne continuano a trovare ostacoli nell'ottenere un riconoscimento più pieno dei loro carismi, della loro vocazione e del loro posto nei diversi ambiti della vita della Chiesa, a scapito del servizio alla comune missione». Particolarmente significativo il capoverso in cui si sottolinea che «le donne costituiscono la maggioranza di coloro che frequentano le chiese e sono spesso le prime testimonianze della fede nelle famiglie. Sono attive nella vita delle piccole comunità cristiane e nelle Parrocchie; gestire scuole, ospedali e centri di accoglienza; sono a capo di iniziative di riconciliazione e di promozione della dignità umana e della giustizia sociale. Le donne contribuiscono alla ricerca teologica e sono presenti in posizioni di responsabilità nelle istituzioni legate alla Chiesa, nelle Curie diocesane e nella Curia Romana. Ci sono donne che svolgono ruoli di autorità o sono a capo di comunità. Questa Assemblea invita a dare piena attuazione a tutte le opportunità già previste dal diritto vigente relativamente al ruolo delle donne, in particolare nei luoghi dove esse restano inattuate. Non ci sono ragioni che impediscono alle donne di assumere ruoli di guida nella Chiesa: non si potrà fermare quello che viene dallo Spirito Santo». La questione del diaconato resta aperta e si continua il discernimento a riguardo. Intanto, però, «l'Assemblea invita inoltre a prestare maggiore attenzione al linguaggio e alle immagini utilizzate nella predicazione, nell'insegnamento, nella catechesi e nella redazione dei documenti ufficiali della Chiesa, dando maggiore spazio all'apporto di donne sante, teologhe e mistiche».

Non solo, spazio alla presenza femminile è richiesta anche nella formazione dei sacerdoti. E si raccomanda, nel numero 148, anche «una revisione della Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis che recepisca le istanze maturate nel Sinodo, traducendole in indicazioni precise per una formazione alla sinodalità». Nel paragrafo viene ricordato che «lungo il processo sinodale, è stata ampiamente espressa la richiesta che i percorsi di discernimento e formazione dei Candidati al ministero ordinato siano configurati in stile sinodale. Ciò significa che devono prevedere una presenza significativa di figura femminile, un inserimento nella vita quotidiana delle comunità e l'educazione a collaborare con tutti nella Chiesa ea praticare il discernimento ecclesiale. Ciò implica un investimento coraggioso di energie per la preparazione dei formatori».

Grande spazio, nel documento, e nei lavori, anche ai poveri, al loro grido, alla loro centralità nel riconoscere Cristo. Vengono citati ben 18 volte in più paragrafi. E ancora spazio alla tutela di tutti, in particolare dei bambini «che non hanno solo bisogno di essere accompagnati nell'avventura della crescita, ma hanno molto da donare alla comunità dei credenti». Nel numero 61 si ricorda che «una società che non sa accogliere e custodire i bambini è una società malata; la sofferenza che molti di loro patiscono per la guerra, la povertà e l'abbandono, l'abuso e la tratta è uno scandalo che richiede il coraggio della denuncia e l'impegno della solidarietà».

E se per il ministero petrino serve una «salutare decentralizzazione», si sottolinea anche che «la competenza decisionale del Vescovo, del Collegio Episcopale e del Vescovo di Roma è inalienabile, in quanto radicata nella struttura gerarchica della Chiesa stabilita da Cristo a servizio dell' unità e del rispetto della legittima diversità. Tuttavia, non è incondizionata: un orientamento che emerge nel processo consultivo come esito di un corretto discernimento, soprattutto se compiuto dagli organismi di partecipazione, non può essere ignorato. Risulta dunque inadeguata una contrapposizione tra consultazione e deliberazione: nella Chiesa la deliberazione avviene con l'aiuto di tutti, mai senza l'autorità pastorale che decide in virtù del suo ufficio. Per questa ragione la formula ricorrente nel Codice di diritto canonico, che parla di voto “solamente consultivo” (tantum consultivum), deve essere riesaminata per eliminare possibili ambiguità».

Un documento denso, composto da 155 paragrafi, che adesso camminerà nelle Chiese locali. Partendo da una consapevolezza: quella di essere «misericordiati», come ha detto Il Papa. «Abbiamo chiamato per nome i nostri peccati: contro la pace, contro la creazione, i popoli indigeni, i migranti, i minori, le donne, i poveri, l'ascolto, la comunione», hanno scritto. «Questo ci ha fatto comprendere che la sinodalità esige pentimento e conversione. Nella celebrazione del sacramento della misericordia di Dio facciamo l'esperienza di essere incondizionatamente amati: la durezza dei cuori è vinta e ci si apre alla comunione. Per questo vogliamo essere una Chiesa misericordiosa, capace di condividere con tutti il ​​perdono e la riconciliazione che vengono da Dio: pura grazia di cui non siamo padroni, ma solo testimoni».





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