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Tutto quello che c’è sull’indagine della Dda di Milano su dossier e spionaggio illegale: nomi eccellenti e un giro d’affari milionario



La Direzione Distrettuale Antimafia di Milano ha portato alla luce una vasta rete di spionaggio che coinvolge ex membri delle forze dell'ordine, tecnici informatici e hacker, sospettati di aver venduto informazioni personali di alto valore estratte illecitamente da banche dati strategiche italiane. L'indagine, condotta dal procuratore aggiunto Alessandra Dolci e dal pm Francesco De Tommasi, si è concentrata su sei persone, arrestate per associazione a delinquere finalizzata all'accesso abusivo ai sistemi informatici protetti. Le indagini hanno portato anche a perquisizioni e sequestri, in un'inchiesta che sta scuotendo il mondo imprenditoriale e politico del Paese.

Una rete di spionaggio organizzata

Dalle intercettazioni e dagli atti dell'inchiesta emergono che l'organizzazione era ben radicata e godeva di contatti con ambienti di alto livello, tra cui la criminalità organizzata e servizi segreti, anche stranieri. Le persone coinvolte accedevano illegalmente a banche dati come il Sistema di Indagine (Sdi), Serpico, ei sistemi informatici valutari della Banca d'Italia. Le informazioni raccolte sono state poi rivendute a clienti privati, tra cui noti imprenditori e studi legali. Al centro della rete, figure di rilievo come Carmine Gallo, ex poliziotto e ora delegato amministratore della società investigativa Equalize, che ha operato per conto di vari clienti, tra cui il presidente della Fondazione Fiera di Milano, Enrico Pazzali.

L'inchiesta: dalle origini ai risvolti eclatanti

L'indagine ha preso avvio il 25 ottobre scorso, quando i Carabinieri di Varese, in coordinamento con la Dda di Milano, hanno eseguito le prime misure cautelari. Il sistema di dossieraggio, secondo il giudice Fabrizio Filice, permetteva al gruppo di “tenere in mano il Paese”, utilizzando i dati raccolti sia per ottenere profitti illeciti sia per estorsioni e pressioni nel mondo politico e imprenditoriale. Durante le intercettazioni, i membri del gruppo si avvalevano della capacità di accedere alle informazioni riservate e di poterle utilizzare per influenzare decisioni di alto livello.

Gli arresti e i nomi coinvolti

Tra le figure coinvolte ci sono figure di spicco come Leonardo Maria Del Vecchio, sospettato di aver richiesto dossier su questioni ereditarie e su relazioni personali, e Matteo e Fabio Arpe, coinvolti per accessi abusivi nella filiale Banco Bpm di Alessandria. Nell'elenco delle personalità prese di mira comparire anche il presidente del Senato Ignazio La Russa e il figlio Geronimo, su cui sono stati realizzati relazione su richiesta degli investigatori privati.

Il ruolo della politica e le dichiarazioni di Piantedosi, Crosetto e Meloni

Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha chiesto una revisione degli accessi alle banche dati del Viminale, annunciando indagini per chiarire eventuali abusi e falle nel sistema. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha parlato di una minaccia per la democrazia e ha invocato un'azione del Parlamento per normare e investigare tali pratiche, che considera la “punta dell'iceberg” di un problema diffuso.

Anche la premier Giorgia Meloni ha commentato il caso, esprimendo preoccupazione per il presunto utilizzo dei dossier come strumento di ricatto e potenziale eversione. Ha poi aggiunto di aspettarsi che la magistratura indaghi fino in fondo per fare chiarezza su eventuali atti everivi che minaccerebbero lo Stato di diritto.

Gli ulteriori sviluppi: contatti con mafie e servizi segreti

Nelle intercettazioni emerge anche il presunto coinvolgimento del gruppo in operazioni legate alla criminalità mafiosa e ai servizi segreti, suggerendo una connessione con strutture di alto livello, anche internazionali. Tra gli episodi più inquietanti, vi è l'uso fraudolento di un indirizzo email intestato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la costruzione di dossier su figure politiche e di rilievo. Secondo gli inquirenti, l'organizzazione avrebbe sfruttato anche tecniche di hacking avanzate per eludere le protezioni nei sistemi informatici delle forze dell'ordine.

Un sistema complesso e una struttura “a grappolo”

L'organizzazione operava come una struttura “a grappolo”, in cui ciascun membro e collaboratore aveva accesso a informazioni sensibili reperite grazie a contatti interni nelle pubbliche amministrazioni e nelle forze dell'ordine. Gli agenti coinvolti e i tecnici informatici sarebbero stati in grado di accedere alle banche dati protette, camuffando le informazioni come rapporti giornalistici o documenti di analisi, alimentando una vera e propria “fabbrica di dossier”.

La vicenda continua a tenere l'Italia con il fiato sospeso, mentre l'indagine procede alla ricerca di nuovi rischi e alla verifica delle implicazioni di questa rete di spionaggio che ha sollevato preoccupazioni sulla sicurezza nazionale e sull'integrità del sistema democratico.





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